“Oggi il sindacato deve rivendicare anche il diritto di accesso alle cure”
Antonio Pizzinato che è stato negli anni Ottanta segretario generale della Cgil è intervenuto al 18° congresso della Camera del lavoro di Varese

A 90 anni Antonio Pizzinato, che è stato segretario generale della Cgil dal 1986 al 1988, ha ancora la schiena dritta, un pensiero lucido e un volto ieratico che incute una certa soggezione. Nel suo nuovo libro “Eravamo il sindacato” (Homeless Book), in conversazione con Carlo Stelluti, ripercorre la sua lunga avventura sindacale, durata 77 anni.
«Quella di Pizzinato – sottolinea Carlo Stelluti, già segretario regionale della Cisl – è una grande storia che ha segnato i valori del sindacato. Lo conosco dagli anni ’60, ci siamo affiancati in moltissime lotte con risultati straordinari anche a livello nazionale. Antonio è un grande rivendicatore di diritti concreti perché aveva provato sulla sua pelle di lavoratore cosa voleva dire non averli».
Primo di sette figli di una famiglia contadina, Pizzinato, ancora ragazzino, si trasferisce dal Friuli nel quartiere milanese di Quarto Oggiaro. A soli 10 anni, nella terra natia, aveva imparato a fare il fabbro e quando arriva a Milano ad accoglierlo, oltre a una nuova casa, ci sono le grandi Officine meccaniche Borletti, dove viene assunto.
A 15 anni si iscrive alla Cgil e il giovane metalmeccanico Pizzinato si distingue fin da subito per la sua capacità di ascoltare e ottenere risultati. Per il movimento operaio la prima metà degli anni ’50 è un periodo difficile, sono «anni duri». Gli imprenditori attaccano il potere sindacale che si era consolidato subito dopo la Resistenza e nei primi anni della Liberazione, rendendo difficile la vita alle commissioni interne delle fabbriche e con i primi licenziamenti di massa vengono emarginati anche gli attivisti sindacali più esposti.
In quegli anni per un operaio iscriversi al Partito comunista italiano (Pci) è quasi un passaggio scontato. E così Pizzinato, come è accaduto ad altri giovani sindacalisti, alla fine degli anni Cinquanta viene spedito dal partito a studiare economia e sociologia a Mosca, dove rimarrà per quattro anni.
Al suo rientro, le sue qualità di sindacalista e la sua visione politica non sfuggono ai vertici della Cgil, che nel 1964 lo mandano “in missione” a Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia, a dirigere la Fiom. «La vita di Pizzinato – spiega Flavio Sangalli, docente di Leadership e organizzazione aziendale alla Bicocca e curatore della collana Storie positive – è l’eccellenza di un percorso, dove l’obiettivo non è dove arrivi, ma quanta strada fai. La sua costanza nell’affermare e soprattutto praticare i valori di appartenenza politica e la rimozione di tutti quegli ostacoli all’uguaglianza come obiettivo primario, sono i cardini di una leadership condivisa».
Di strada Pizzinato ne ha fatta tanta anche in politica. Eletto negli anni Novanta prima alla camera dei deputati e poi al senato nelle file del Partito democratico della sinistra (Pds), ricoprirà il ruolo di sottosegretario al Lavoro del primo governo Prodi.
Di fronte a una platea di 400 delegati, riuniti alle Ville Ponti di Varese per il XVIII congresso della Cgil provinciale, Antonio Pizzinato ha ricordato che i risultati maggiori sono stati raggiunti «quando il sindacato ha costruito dei percorsi mettendo al centro i giovani».
La priorità di questo tempo, secondo il sindacalista, è il diritto alla salute: «Come negli anni ’60 conquistammo l’assicurazione sanitaria, così oggi bisogna rivendicare il diritto di accesso alle cure. Troppe persone ne sono ancora escluse».
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