Elia Del Grande parla in Tv a Le Iene: “Non sono socialmente pericoloso”
Una chiamata da un luogo imprecisato andata in onda martedì alla trasmissione su Italia Uno. Il cinquantenne di Cadrezzate insiste sulle condizioni delle Case lavoro. "Quella sera pioveva e c'era la nebbia, sono scappato"
«Io socialmente pericoloso? Ho messaggi del mio datore di lavoro e di tanti colleghi che dimostrano il contrario: sono capo squadra in un’azienda che si occupa di giardinaggio e potature, ho un impiego e non sono socialmente pericoloso».
Una chiamata probabilmente molto, breve ricevuta qualche giorno dopo la fuga dalla Casa Lavoro di Castelfranco Emilia e rivolta alla trasmissione tv “Le Iene”. Dall’altro capo del telefono Elia Del Grande che torna sui temi contenuti nella lettera inviata a Varesenews il 6 novembre, lettera che ha sollevato un dibattito pubblico intorno allo strumento delle misure di sicurezza.
Argomenti a discolpa del suo allontanamento volontario dalla struttura dove era rinchiuso dal 23 settembre scorso quando il magistrato di Sorveglianza decise di aggravare la misura a suo carico, appunto dalla “libertà vigilata“ alla permanenza nella struttura lavorativa.
Dunque il contatto diretto e continuato con un ambiente a suo dire degradato, violento, e inadeguato per curare cittadini affetti da seri problemi psichiatrici. «Così quella sera (il 30 ottobre intorno alle 18 ndr) ho deciso di andarmene. Pioveva. C’era una fitta nebbia, ho pensato che le telecamere avrebbero faticato a vedermi. Ho annodato alcuni metri di filo elettrico e mi sono calato dalle mura».
Elia Del Grande: “Io trattato peggio di un detenuto, ecco perché sono scappato dalla casa lavoro”
Ti ha aiutato qualcuno?, incalza la giornalista «No, nessun complice», ha spiegato alla giornalista della trasmissione che lo intervistava; l’interlocutore fa un riferimento «ad un tassista», ma quando era già fuori dalla struttura del Modenese.
Il cinquantenne di Cadrezzate che ha scontato oltre 25 anni per il triplice omicidio dei genitori e del fratello, nel gennaio 1998, spiega anche il suo punto di vista rispetto alle “reiterate violazioni“ riscontrate dal magistrato di Sorveglianza di Varese: «Le violazioni di cui parla il magistrato riguardano il fatto che i controlli sulla mia permanenza in casa, nella mia abitazione, in orario notturno avvenivano sempre dopo mezzanotte, quando non sentivo il campanello perché dormivo».
Del Grande spiega apertamente di non voler fare quello che viene chiamato «ergastolo in bianco», ossia la permanenza in uno dei centri per l’esecuzione delle misure di sicurezza per molto tempo, con rinvio della valutazione dell’internato di sei mesi in sei mesi.
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