Spari al benzinaio, arrestato a Venezia il secondo uomo

Sopralluoghi nella zona prima del colpo, poi la sortita venerdì sera e la fuga. Decisive le testimonianze dei residenti

Erano messi male, tanto che per fare il colpo al benzinaio, venerdì scorso, uno ha preso a prestito una Lancia Y da un parente e quell’altro uno scooter da un amico, che sta in Svizzera.

Dove abbiano preso la pistola ancora non si sa. Ma è molto probabile che nonostante i sopralluoghi fatti giorni prima, i due balordi che sono entrati in azione il 20 luglio sera, siano andati letteralmente “nel pallone”: forse pensavano di riuscire a fare un colpo facile.

Invece proprio la presenza dell’arma, a quanto pare nelle mani di uno dei due, è stato l’elemento fondamentale, determinante nel far degenerare le cose. È bastato forse un movimento sbagliato di Marco Lepri, un padre di famiglia che stava rincasando dopo una giornata di duro lavoro, per far perdere la testa. Secondo quanto finora emerso uno dei due ha sparato, l’altro complice forse ha preso il marsupio coi soldi, ma non si neppure accorto che altrettanti il benzinaio nel aveva in tasca.

Poi sono scappati, ciascuno a bordo del proprio mezzo e sotto gli occhi di decine di persone che hanno preso nota delle targhe, e per gli investigatori che hanno incrociato le cellule dei telefonini è stato un aiuto incredibile. Tanto che già la mattina dopo Maurizio Fattobene era già in manette nella sua casa di Cantù, la calibro 9 a tamburo già nella mani della scientifica.

Avarie

Fattobene – che se non fosse stato per i tre proiettili in corpo al benzinaio poteva ancora vantare l’aura del “rapinatore gentile” che in un colpo prova quasi tenerezza per un’impiegata, aiutata a superare lo “shock da rapina” – si pente, confessa, ma non parla: dell’altro complice non dice nulla.

Ma non importa, perché la polizia sta già componendo le tessere del mosaico: i due dopo il colpo vanno a casa di Fattobene, a Cantù, si spartiscono il bottino: 640 euro al primo, la rimanenza ad Antonio Vita, che poi prende e scappa a Venezia. Però qualcuno li nota. Dietro di lui una scia di dati che il suo cellulare lascia per strada, tanto che le ultime tracce arrivano fino a Campagna Lupia, paesone di 7 mila e rotti abitanti che si affaccia sulla Laguna veneta.

Alle 22 di ieri sera, ancora prima che il Vita spegnesse il cellulare forse per uno scrupolo, il pubblico ministero della procura di Busto Arsizio Nadia Calcaterra aveva già firmato l’ordine di fermo di indiziato di delitto che viene eseguito dagli agenti di Busto e Gallarate e dai colleghi della squadra mobile di Venezia: le manette scattano questa mattina, martedì e l’uomo si trova ora a Santa Maria Maggiore dietro le sbarre a disposizione della magistratura.

I due uomini arrestati e accusati di rapina a mano armata in concorso e tentato omicidio si sono conosciuti in un ambiente comune, il carcere. Nel 2016 Fattobene esce per motivi di salute, “i soldi scarseggiano”, come conferma il suo avvocato, e i 300 euro della pensione d’invalidità non bastano per tirare avanti.

Così, forse, nasce l’idea di tornare a pescare nel torbido, questa volta in grande, “col ferro”, scelta che più sbagliata non poteva essere.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 24 Luglio 2018
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