La strada del silenzio di Giuseppe Piccolomo

Atteso l’esame, ma nell’udienza odierna la decisione di non parlare. Forse dichiarazioni spontanee a metà dicembre. La difesa: «Emersi nuovi elementi». In aula i nipoti

Avarie

Parlare, ha parlato. Ma non come ci si aspettava. Non come si aspettava la Corte, che per bocca del presidente Orazio Muscato ha ribadito la necessità di processi più brevi, e non tanto alla luce del diritto dell’imputato a parlare o a non parlare quanto all’uniformazione dei testi per favorire il contraddittorio (vedi cronaca precedente).

Se l’aspettavano, forse, anche i sei nipoti di Giuseppe Piccolomo, arrivati assieme alle figlie Cinzia e Tina (assente Diego perché in Olanda: è il terzo figlio avuto con Marisa Maldera, morta nell’incidente stradale del 2003 di cui l’uomo già in carcere per il “caso Molinari” è imputato per omicidio): ragazzini in felpa con qualche piercing, giovani donne con le braccia conserte sotto a un filo di rossetto e qualche timido tacco, sedute, le une e gli altri tutti nell’ultimo banco come a scuola. Ma senza parlare. Anzi: lì in Corte d’Assise forse volevano ascoltare, per capire e farsi anche loro un’idea della fine fatta da quella povera nonna (nella foto d’apertura, i ragazzi assieme a Tina e all’avvocato di parte civile Antonio Cozza).

Piccolomo ha detto qualche parola all’inizio dell’udienza più che altro per ragguagliare la Corte circa alcune faccende legate alle riprese di una trasmissione televisiva, e ribadendo comunque la sua intenzione ad acconsentire alle inquadrature delle telecamere.

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Ma poi niente più. Nulla circa il suo esame a cui aveva acconsentito (l’imputato può anche tacere, secondo la legge). Forse – a questo punto dubitare è d’obbligo – renderà dichiarazioni spontanee negli scampoli del processo, che si celebrerà ancora il 14 dicembre e il 21 dicembre, a un passo dal Natale; per la lettura della sentenza si dovrà attendere il nuovo anno, ma non oltre la fine di gennaio.

Ma cos’è successo allora? Perché Piccolomo non vuole parlare in aula? «Elementi nuovi», spiega il difensore Stefano Bruno. «Elementi nuovi emersi che hanno portato a prendere questa decisione e a postergare il momento delle dichiarazioni». Altro, l’avvocato, non dice. Fa capire che si dovrà attendere, e neppure a telecamere spente si spinge in confidenze che spesso emergono fra il detto e non detto, con la consegna del silenzio, nell’atrio del palazzo di giustizia.

Una sorte, quella del silenzio, che toccherà anche la seconda moglie, Thali Zineb, residente in Marocco, che oggi ha presentato sempre tramite la difesa del marito un certificato medico in lingua francese che attesta problemi di salute tali da impedirle di lasciare il paese per 30 giorni? Forse.

Il tribunale, sempre per quella necessità di buona amministrazione dei tempi della giustizia imposta da Muscato non può permettersi un accompagnamento coatto e quindi l’ultima chance della Zineb in Piccolomo per aiutare il marito nella difesa potrebbe essere quella di presentarsi il 14 dicembre. La porta lasciata dall’Assiese è aperta, insomma.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 16 Novembre 2018
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