“Il turismo? Non nuocerà al Lago di Varese”

Roberta Bettinetti, docente del Dipartimento di Scienze Umane e dell'Innovazione per il Territorio all’Università dell’Insubria collabora con la Regione al progetto del risanamento del bacino lacustre. Dice: "La balneabilità non ha alcuna conseguenza per la flora e per la fauna"

Giugno 2021

Che cosa accadrà al lago di Varese quando diventerà balneabile? Quali conseguenze avrà il sovrappopolamento delle spiagge e i tuffi in acque senza più il divieto di balneazione? E ancora: la possibile, e probabile, invasione di turisti turberà l’equilibrio di flora e fauna? (la foto è di Graziano Zampieri)
Forse è questo il rovescio della classica medaglia che vede da una parte il Lago di Varese finalmente balneabile in tempi ravvicinati, si parla del 2023, dall’altra la preoccupazione di chi teme lo sviluppo di un turismo che oggi alcuni comuni affacciati sul lago non saprebbero gestire.

Abbiamo chiesto a Roberta Bettinetti, docente del Dipartimento di Scienze Umane e dell’Innovazione per il Territorio all’Università dell’Insubria ed esperta di ecosistemi acquatici, quali sono i cambiamenti più significativi ed “impattanti” che si potrebbero verificare quando il lago tornerà balneabile (nella foto)

«Direi nessuno. Non c’è ragione di credere che la presenza dell’uomo possa turbare in qualche modo l’equilibrio ecologico, anche guardando a casi simili a quelli del Lago di Varese di bacini lacustri tornati ad essere balneabili. Certo, occorrerà che i sindaci si preparino a gestire l’arrivo dei turisti, locali ma non solo, e che i turisti siano responsabili. E’ evidente che alcune zone dovranno essere preservate più di altre, penso ad esempio ai siti archeologici: occorrerà trovare il modo di delimitarli e proteggerli. Ma è quello che già si sta facendo. Quanto al resto si faranno spiagge più o meno attrezzate, dipende da come sono conformati i lidi; abbiamo esempi vicino a noi di spiagge popolate durante il periodo estivo ma senza conseguenze per l’ambiente o la natura, ad esempio quelle del lago di Monate o del Lago Maggiore. Serve disciplina e ordine, ma si può fare. I Comuni dovranno trovare il modo di rendere “naturale” lo spazio tra terra e lago, lasciando l’accesso libero alle persone ».

La professoressa Bettinetti collabora con il progetto di risanamento coordinato dalla Regione Lombardia, l’accordo quadro di sviluppo territoriale del Lago di Varese, ed è ottimista sullo stato di avanzamento dei lavori: «Non siamo lontani dal raggiungimento dell’obiettivo – dice – Siamo a buon punto nonostante il Covid abbia ostacolato e rallentato l’attività.
Abbiamo perso un anno secco: io per esempio non ho avuto modo di prendere i pesci per fare le mie verifiche analitiche, ma tutti gli enti e le associazioni che stanno collaborando al progetto stanno facendo la propria parte, hanno un approccio scientifico e sono molto concentrati su questo aspetto ad esempio l’Arpa per il monitoraggio dell’inquinamento, Alfa per il risanamento delle fogne o il CNR IRSA; infine il prelievo ipolimnico sta dando ottimi risultati. A fine mese si terrà un incontro pubblico in cui saranno illustrati i risultati ottenuti sin qui. Per quanto mi riguarda sono molto soddisfatta».

Per quanto le operazioni stiano procedendo con celerità rispetto al passato, dovremo fare i conti con i tempi imposti dalla natura:
«Bisogna tener conto che i tempi di recupero di un lago sono lunghi – conclude Roberta Bettinetti -: il Lago di Varese è un lago eutrofo e dovrebbe ritornare a diventare nel suo stato originario di mesotrofia, cioè ad una condizione intermedia di produttività. Una delle caratteristiche dei laghi è la resilienza, si adattano cioè alle situazioni difficili e si “riorganizzano”. A noi spetta ora il compito di eliminare il fosforo dal lago, programmare uno sfalcio regolare delle piante alloctone che lo infestano  e tenere sotto controllo le specie che rischiano di moltiplicarsi a dismisura, come il pesce siluro o il gambero americano. Ma anche in questo caso i laghi riescono a ritrovare una propria stabilità. Dreissena polymorpha, ad esempio, un mollusco invasivo, arrivato nei nostri laghi intorno agli anni 80 ora ha trovato un suo equilibrio.
La natura risponde ancora e ad oggi è in grado di  recuperare gli spazi “espropriati” dai cambiamenti ambientali o dall’uomo. Trova insomma un suo equilibrio anche quando noi la ostacoliamo»

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Pubblicato il 15 Luglio 2021
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