Ferragosto 1977: dal baule della Fiat 1100 vino e salami: così è nato il rito di Varese per la montagna
Nel 2025, la Festa della Montagna non è più solo un evento religioso o popolare: è un ponte tra passato e presente. Ogni passo sul sentiero, ogni nota della banda, ogni saluto tra amici porta con sé un’eco di quel primo Ferragosto di 48 anni fa

Si alza in piedi, bello stagno, barba bianca e cappello con la penna nera.
«Qui sono il più vecchio di tutti». E dunque tutti in silenzio quando Silvio Botter, il decano degli alpini di Varese, prende la parola di fronte a sindaco e assessori per raccontare la «sua» festa della montagna, quella dove c’erano ancora tanti reduci dalla Guerra tornati per costruire l’Italia Libera. E tanti di quegli uomini che la guerra l’avevano fatta, vista, e odiata, rientrati in patria avevano ringraziato, specialmente la Madonna, di essere ritornati ancora vivi dall’Africa, dai fronti greco-albanesi, dalla Jugoslavia, dalla Russia, o dai campi di concentramento.
Quest’anno, nella cornice maestosa delle nostre vette, la Festa della Montagna torna a riunire la comunità per celebrare tradizione, fede e memoria. «Ma per chi, come me, c’era alla prima edizione del 1977, questo appuntamento ha un sapore speciale, fatto di ricordi vividi e di un legame che attraversa le generazioni», ha spiegato Botter parlando della «chicca» storica, di 48 anni fa.
«Era il 15 agosto 1977, giorno dell’Assunta. Monsignor Tarcisio Pigionatti aveva appena inaugurato la Via Sacra e, alla sommità del sentiero, celebrò la messa alle Tre Croci. Lì, tra il cielo e le montagne, prese forma l’idea di una festa che avrebbe unito spiritualità e convivialità».
«ERAVAMO IN 1100»
Il secondo titolo di questo articolo potrebbe essere: «Il primo anno eravamo in 1100», nel senso che gli alpini che arrivarono a festeggiare in cima alla montagna aprirono il baule della mitica utilitaria e tirarono fuori bottiglioni di vino rosso e salami, condividendo il cibo come si fa in famiglia. Ma erano molti di meno del numero indicato dal famoso modello della marca torinese sulle quattro ruote. «L’anno successivo, sempre numerosi, ci organizzammo meglio: ci appoggiammo ad una struttur che si chiamava “l’alberghetto“ e da lì la festa cominciò a prendere la forma che conosciamo oggi».
Le Tre Croci, ricorda Botter, non sono solo un segno religioso: per i varesini, soprattutto per i reduci e i combattenti tornati dal fronte, rappresentano un luogo di devozione. «Ogni 15 agosto, qui si celebra una messa in ricordo di tutti i caduti, sia in guerra che in tempo di pace, un gesto che tiene viva la memoria e il rispetto per chi ha dato la vita».
I RAGAZZI DELLA ARIETE
Persino la scalinata che porta in cima ha una storia: fu realizzata dal Genio Militare, dagli uomini della divisione Ariete (La “Ariete“ è stata una celebre grande unità corazzata dell’Esercito Italiano, nota per il suo ruolo durante la Seconda guerra mondiale e per il suo contributo alla storia militare italiana) un’opera che ancora oggi permette a centinaia di persone di salire e partecipare alla celebrazione.
Nel 2025, la Festa della Montagna non è più solo un evento religioso o popolare: è un ponte tra passato e presente. Ogni passo sul sentiero, ogni nota della banda, ogni saluto tra amici porta con sé un’eco di quel primo Ferragosto del ’77. E, tra le cime, sembra quasi di rivedere quei volti, quegli sguardi, e di sentire ancora l’odore del salame appena affettato.
LA FESTA DELLA MONTAGNA
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