Il volontariato è diventato una giungla
Emanuela Crivellaro, presidente del CTBO, si inserisce nel dibattito sul ruolo del volontariato, un mondo che si è profondamento modificato
Gentilissimo Direttore,
la lettera del dr. Pier Maria Morresi, mi da lo spunto per ritornare su un argomento che mi sta particolarmente a cuore: essere volontari oggi. E mi piacerebbe che si aprisse un confronto con altre opinioni.
Quando nacque il Comitato Tutela Bambino in Ospedale, 17 anni fa, le associazioni esistenti, di volontariato o di altro tipo, erano pochissime.
Qualche anno dopo, alcune organizzazioni di volontariato, tra le quali il CTBO, fondarono il Centro Servizi delle Associazioni di Volontariato (CESVOV). Eravamo meno di dieci.
Forse non conoscevamo bene la burocrazia, non sapevamo stendere uno statuto perfetto, non capivamo bene come espletare le pratiche per essere iscritti all’Albo Regionale del Volontariato, ma ciò che importava era lo spirito che ci animava: quello della solidarietà, dell’andare incontro al bisogno della persona, nel caso del CTBO, del bambino ammalato e della sua famiglia.
Sull’onda dell’entusiasmo, in questi ultimi dieci anni il CESVOV si è fatto promotore di tante belle iniziative per fa crescere e dare una connotazione più “strutturata” al volontariato. Iniziative che anch’io ho sostenuto e alle quali ho collaborato.
Poi, però, ho assistito ad un profondo cambiamento. Il CESVOV, nato per le associazioni di volontariato, si è modificato ed accoglie, anche se in percentuale minore, associazioni diverse dalle ODV (Organizzazioni di Volontariato).
Nel giro di poco tempo le associazioni di ogni tipo si sono moltiplicate e poi ancora moltiplicate e ancora oggi si moltiplicano.
Ce ne sono per tutti i gusti, eppure chiunque, ormai anche nell’ambiente dello spettacolo, dello sport, del giornalismo ecc, sembra contagiato dalla voglia di creare la propria associazione.
E tra fondazioni, associazioni di promozione culturale, di cooperazione sociale, di ….. e chi più ne ha più ne metta alla ricerca di termini nuovi di definizione, non si capisce più chi è volontario e chi non lo è. La gente e persino le istituzioni stesse fanno una gran confusione.
Mi guardo intorno ed il volontariato non sempre, oggi, mi appare un mondo idilliaco. I bandi ci costringono alla competizione, non solo con ODV, ma con associazioni di altro genere. Se hai un’idea, devi stare attento a tirarla fuori al momento giusto per evitare che qualcuno te la copi. Se ottieni il supporto di un’azienda o di un ente, questi rischiano di sorbirsi le lamentele di qualche altra associazione. Non sempre sono i progetti migliori ad avere successo, ma a volte quelli che hanno le migliori entrature o agganci. Le relazioni ed i rapporti sono più difficili. E l’etica va a farsi spesso benedire.
La raccolta fondi, di cui una ODV, per sopravvivere non può farne a meno, si fa sempre più complicata. Senza contare la dispersione e la frammentazione di risorse.
Posso esprimere queste mie considerazioni da una posizione che ritengo in qualche modo privilegiata. Perché il progetto di cui noi ci occupiamo, il Ponte del Sorriso, non è un nostro progetto, ma di tutto il territorio. E’ trasversale perché riguarda tutti i bambini, oncologici, diabetici, neonati prematuri, epilettici, disabili, autistici, down, ecc.., e questo ci ha permesso di creare una rete con circa 50 enti ed associazioni.
Non posso, però, ritenermi in qualche modo “fuori” da ciò che sta accadendo al volontariato e all’associazionismo in generale. Essere e sentirsi volontari, significa anche dare il proprio contributo per cercare di migliorare ciò che ci sta intorno.
Chi ha veramente questo spirito, perché non si avvicina ad un’associazione già presente sul territorio per offrire il proprio aiuto, invece di crearne una nuova?
Io credo che se qualche anno fa, fosse giusto sviluppare il volontariato, oggi occorra fermarsi un attimo a riflettere e, più che promozione, fare “educazione al volontariato”.
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