Il figlio del benzinaio ucciso: «Troveranno l’assassino»

Emanuele Canavesi, a tre mesi dall'omicidio di suo padre nel distributore di famiglia dopo una rapina, chiede giustizia agli inquirenti. Le indagini proseguono con cauto ottimismo

omicidio del benzinaio canavesi a gorla minore, ancora senza volto l'assassinoSono passati già tre mesi da quel 22 febbraio quando dei colpi di pistola segnarono uno spartiacque tra il prima e il dopo a Gorla Minore. Quei colpi uccisero il benzinaio Angelo Canavesi (foto a sin.) mentre, era un lunedì, si apprestava a cominciare la sua settimana di lavoro come faceva da 40 anni in quel distributore di benzina a Prospiano, lungo la strada che va verso Marnate.

Emanuele e Sara, i figli di Angelo, hanno riaperto quel distributore e gli hanno ridonato la vita, nel gabbiotto dove è avvenuto l’omicidio campeggiano alcune foto del papà che sorride e veglia su di loro: «Ci ha dato la forza di andare avanti – racconta Emanuele mentre l’estate fa capolino dopo i mesi angoscianti del lungo inverno – siamo ancora fiduciosi sul fatto che prima o poi prenderanno l’uomo che ha ucciso mio padre. Noi andiamo avanti e non ci perdiamo d’animo». Sotto il sole caldo, tra un rifornimento e l’altro, l’occhio scivola verso la tv che trasmette il Giro d’Italia; come il nonno campione, Severino, come il padre che sulle due ruote era cresciuto anche Emanuele è appassionato di ciclismo e del Giro non si perde neanche una tappa. Mentre la voce del commentatore annuncia una nuova fuga nel gruppo Emanuele ricorda quei terribili giorni che hanno seguito il barbaro assassinio del padre: «L’illusione che lo potessero prendere subito è svanita in questi mesi – racconta – in quei giorni ci speravamo tanto, sembrava poter essere l’unica risposta a tanto dolore. Ora stiamo elaborando il pesante lutto in un’ottica diversa».

La famiglia Canavesi ha sete di giustizia ma non fretta: «Vogliamo che quando lo prendono non ci siano dubbi – commenta Emanuele – quindi confidiamo nelle indagini che si stanno svolgendo. Non so a che punto sono, anche perchè gli inquirenti non ci raccontano molto ma sappiamo che per loro non è un caso chiuso». Gli investigatori, Carabinieri di Saronno e Procura di Busto Arsizio, proseguono nel lavoro che ora si fa difficile dopo gli entusiasmi iniziali che sembravano portare ad un arresto imminente. L’ipotesi del balordo della zona resta in piedi ma il raggio dell’inchiesta potrebbe allargarsi anche al di fuori della provincia. La grande angoscia di Emanuele e Sara è quella di potersi trovare davanti l’assassino del proprio padre al distributore senza saperlo: «Spesso ci pensiamo – racconta Emanuele – potrebbe essere un cliente che viene qui tutti i giorni e magari ci ha anche fatto le condoglianze. Spero davvero che non sia stato un conoscente anche perchè uccidere una persona che conosci e che ha 68 anni è da fuori di testa».

La domanda è sempre la stessa: perchè uccidere per rapinare poche centinaia di euro? «E’ questa la cosa più sconvolgente – ripete Emanuele – solo chi è stato riconosciuto può avere una reazione così folle». Il pensiero ritorna a quelle mattina, erano da poco passate le 7, la luce era ancora fioca e il traffico sulla via scarso: «Non riesco ancora a capacitarmi del fatto che nessuno l’abbia visto in faccia – si tormenta il ragazzo – non c’è una descrizione del suo volto e questo rende le indagini più difficili. Se fosse successo solo mezz’ora dopo avremmo avuto sicuramente testimonianze più dettagliate». La ricostruzione della dinamica non è mai stata chiarita fino in fondo proprio per la mancanza di testimoni diretti. Solo una persona ha visto qualcosa ma troppo poco per poter essere decisiva: c’è solo la descrizione di un uomo col berretto che fugge via con l’auto di Angelo e nulla più. Le telecamere, sparse lungo il tragitto percorso dall’assassino, non si sono rivelate utili e le tracce lasciate nell’auto non hanno fornito alcun riscontro nemmeno ai Ris di Parma. A tre mesi da quel giorno c’è solo una famiglia che vuole giustizia e un assassino a piede libero che deve ancora pagare il suo pesante conto con la giustizia e con la società.

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Pubblicato il 24 Maggio 2010
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