Il Tar rimette Campiotti al Molina
Il politico della Lega Civica, indagato per le vicenda dei prestiti, torna a guidare la casa di riposo. Per i giudici, la Ats non aveva la facoltà di commissariare il cda
Una decisione giudiziaria ribalta il nuovo corso della Fondazione Molina, la casa di riposo di Varese entrata nell’occhio del ciclone perchè il cda guidato dal politico Cristian Campiotti aveva utilizzato il patrimonio per concedere prestiti a soggetti privati (tra cui la tv legata a un esponente del suo partito, Lorenzo Airoldi) pur non essendo una banca o un investitore professionale (leggi la storia dei prestiti).
Il Tar della Lombardia, con una sentenza pubblicata oggi, ha annullato la delibera con cui la Ats Insubria (l’autorità sanitaria delle province di Varese e Como) aveva rimosso i vertici della Fondazione. Il risultato è immediato: il commissariamento, durato più di un anno, decade, e torna alla guida della casa di riposo e del suo ingente patrimonio il vecchio Cda composto da un esponente della Chiesa varesina e politici che sono stati nel frattempo allontanati dai rispettivi partiti, Lega Nord e Forza Italia e guidato dallo stesso Campiotti.
“L’interpretazione che ha dato il Tar – commenta Carmine Pallino citando i termini giuridici della questione – è che è stata accolta con carattere assorbente la censura relativa alla competenza di Ats a vigilare sulle fondazioni. Una sentenza che farà discutere e che in sostanza assegna al sindaco, nella fattispecie, la facoltà del commissariamento”.
Dunque, secondo il Tar, non era Regione Lombardia (tramite la Ats) che doveva vigilare sul Molina (nonostante sia convenzionato con la sanità pubblica e riceva per metà del suo fatturato un contributo dalla Regione) bensì il sindaco Davide Galimberti ( che nello statuto ha il compito di nominare i vertici ogni cinque anni, ma non è chiaro se li possa anche revocare).
ATS Insubria interviene subito con una breve nota. “ATS prende atto della sentenza del TAR, comunicando che presenterà appello al Consiglio di Stato. Pur nel rispetto della sentenza di primo grado, si rileva come la scelta di commissariare l’Istituto di viale Borri abbia permesso di fornire a tutte le Istituzioni un quadro complessivo della situazione”.
Il sindaco Davide Galimberti non commenta la sentenza e le implicazioni rispetto al suo ruolo nel Molina. “Devo leggerla con calma. Certo che per Maroni e la tanto sbandierata eccellenza della riforma della sanità è un triste epilogo”.
Le conseguenze sono adesso sia gestionali che politiche. Cristian Campiotti è indagato per atti compiuti in qualità di presidente e la vicenda dei prestiti inusuali è comunque oggetto di approfondimento penale, ma la giustizia amministrativa ora gli assegna piena facoltà di eliminare tutti gli atti compiuti nell’ultimo anno dal commissario regionale Carmine Pallino: bandi, appalti, convenzioni. Tutto può essere rimesso in discussione, come ad esempio il nuovo bando ristorazione, le assegnazioni dei servizi infermieristici, anche la convenzione con la Fondazione Marchesi per la casa di riposo per cuochi.
Dal punto di vista politico, la decisione del Tar favorisce la linea seguita dal sindaco di Varese Davide Galimberti del Pd e del suo assessore ai servizi sociali Roberto Molinari, quest’ultimo molto critico sul commissariamento voluto dalla Regione a guida Roberto Maroni. La conflittualità tra Pallino e la maggioranza era divenuta pubblica con una querela del commissario ad Ambrogio Vaghi del Pd e il contrattacco dei capigruppo del centrosinistra. Le piccole alchimie della politica spiegano come mai all’attuale giunta, in definitiva, non dispiaccia la decisione del Tar. Il cda che ritorna in carica, infatti, non è di centrosinistra, era stato nominato dal centrodestra (sindaco Attilio Fontana): ma quando dopo le elezioni l’Udc-Lega Civica ha stretto un accordo con il sindaco Galimberti (da lui negato) e gli ha dato i voti per vincere le comunali, il presidente del Molina Campiotti si è di fatto trovato in una poltrona garantita dalla maggioranza.
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