«Ero a Goma due mesi fa, in Congo è guerra totale»
Marco Macchi, varesino, dal 1995 fa il cooperante e spiega la situazione nel Paese centroafricano: “La guerra è per il controllo dei giacimenti di Coltan“
«Dovevano muoversi con la scorta dei caschi blu». Non ha mezze misure per descrivere quanto accade in Congo Marco Macchi, 51 anni, varesino e profondo conoscitore dell’Africa: «In Congo è guerra totale. Il 15 dicembre ero proprio lì, a Goma».
Lì è dove ieri è stato ucciso il console italiano Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista del convoglio sul quale viaggiavano, Mustafa Milambo in missione con il World Food Programme (Wfp).
«Non conoscevo bene Attanasio, ma gli avevo parlato una volta», racconta Macchi che descrive così quanto sta accadendo in Congo: «È una guerra senza quartieri, aperta, per la terra e quindi per le risorse. Mi fanno ridere alcuni giornalisti che hanno parlato di un Paese ricco di materie prime come l’avorio! Le due regioni di Nord e Sud Kivu sono ricchissime di minerali, altro che avorio, e non parlo neppure di oro o diamanti ma di giacimenti che contengono metalli come il Coltan dal quale si ricava il Tantalio, componente essenziale per smartphone e tutta l’elettronica mondiale. Il Paese è pieno di gruppi armati con nomi altisonanti quali “fronte patriottico per la liberazione” e simili, in realtà di patriottico e di valori ne hanno meno di nulla, gli importa solo di avere soldi per stare bene, comprare altre armi e andare avanti così».
Per questo, l’intera area, è una polveriera. Marco Macchi (foto qui sopra), classe 1969 fa il cooperante con le ONG dal 1995 e ha ricoperto vari ruoli, da capo logista nei campi dei rifugiati, a capo progetto fino a capo missione.
«In Congo sono stato 5 volte e sempre nelle zone in cui è avvenuta questa tragedia, in Nord Kivu che ha Goma come capitale. Nell’ultimo progetto con una ONG statunitense, dal quale sono tornato a metà dicembre 2020, ero in carica come capo ufficio su due basi differenti, su nel “Grand Nord“, come viene definita questa zona a nord della regione Nord Kivu. Vengono chiamate Regioni ma alcune sono più grandi dell’Italia, basti pensare che infatti il Congo è 10 volte l’Italia in grandezza».
Una terra martoriata dai conflitti legati alle ricchezze naturali che producono migliaia di morti l’anno.
«Nel ’97 ero in Uganda e Laurent Desiree Kabila ha iniziato la “liberazione” dell’allora Zaire (ora Congo DRC) partendo proprio da queste zone, da Bukavu, la capitale del sud Kivu e obbligando l’allora dittatore ex presidente Mobutu Sese Seko a fuggire e morire in Marocco. Per fare questo però ha avuto bisogno dell’aiuto di Rwanda e Uganda, e i relativi presidenti hanno accettato a patto poi di avere un vantaggio dopo la vittoria. A quanto mi risulta però, a guerra finita, non sono mai stati concessi territori a questi due paesi che ora, in modo indiretto (utilizzando cioè finti movimenti di gruppi armati che si dichiarano ribelli al loro paese di origine) si prendono quello che possono. E così abbiamo migliaia di persone armate di origine ugandese nelle foreste tra Beni e il confine con l’Uganda, e gruppi armati di origine Rwandese nelle foreste del sud come era per esempio il noto gruppo M23. Quindi, non solo queste zone sono ricche, ma sono per di più contese da e tra altri Stati».
Quali sono i rischi di quella regione?
«Beh i rischi sono la vita stessa perché il Congo è pericoloso ovunque, specie per noi occidentali. L’auto in cui viaggiava l’ambasciatore Luca Attanasio e la visita in corso era per il WFP quindi avrebbero dovuto chiedere la scorta dei caschi blu (Nella foto sopra caschi blu sudafricani in Nord Kivu). L’ho chiesta io stesso per spostare 5 jeep vuote dal Nord a Goma. Non è concepibile viaggiare senza una scorta armata con a bordo un ambasciatore».
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