Spacciava coca mentre era in affido ai servizi sociali

Albanese di 47 anni stava ancora scontando la pena di un omicidio, con i benefici di legge. Arrestato dalla squadra mobile

Albanese omicida, in affido ai servizi sociali di Varese, spacciava cocaina e la nascondeva in casa a Cocquio Trevisago. Dietro un quadro, in un buco scavato nel muro, c’erano due etti di cocaina purissima, la mannite per tagliarla, e poi 6mila euro in contanti, bilancino, colino, mattarello. La squadra mobile lo ha fermato ieri mattina, mentre usciva di casa, in vicolo Vira.  Lo spacciatore era stato visto da alcuni cittadini. Si piazzava spesso nei pressi di un centro commerciale, incontrava gente, destava sospetti. La mobile (foto: il dirigente Bartolotta) pensava di trovare qualche dose ma il bottino è stato invece cospicuo. Di più: dietro allo spacciatore c’è anche una storia di sangue. Ilirjan Baki, 47 anni,  è stato condannato dalla corte d’assise di Milano a 16 anni e 8 mesi di carcere. Nel 1998, ammazzò con cinque colpi di pistola un parente, Arben Shushari, a Ponte Vecchio di Magenta, per rubargli 60 milioni di lire. Perse letteralmente la testa, quando Arben gli consegnò, una sera l’incasso di tre prostitute che l’uomo sfruttava sulle strade del milanese. Si tenne  i soldi, e disse che glieli avevano rubati, ma quando il parente li reclamò, lo ammazzò a colpi di pistola. Ilirjan Baki, a quel tempo, faceva il meccanico e si faceva chiamare “Libero”.

In carcere, però, ha rigato dritto. A maggio lo hanno scarcerato e affidati ai servizi sociali, primo gradito dei benefici di legge e chi tiene una condotta carceraria corretta, ed è tornato a vivere a Cocquio. Dove ha una moglie e una figlia, minorenne, estranee, oggi come allora, agli errori dell’uomo. Baki ora si trova in carcere, con l’accusa di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. L’operazione è stata condotta dalla squarda mobile guidata da Sebastiano Bartolotta e dalla Polizia locale del Medio Verbano (foto). Il pm è Tiziano Masini.

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Pubblicato il 30 Gennaio 2009
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