La scienza pensa?

La sintesi della prolusione del professor Fabio Minazzi in occasione dell'apertura dell'anno accademico dell'Insubria

Da Galileo a Carlo Cattaneo passando per Kant e gli insegnamenti dei boscaioli. Era dedicata alla scienza e al pensiero filosofico la prolusione del professor Fabio Minazzi in occasione dell’apertura del dodicesimo anno accademico dell’Università dell’Insubria della quale pubblichiamo una sintesi.

La prolusione è consacrata ad illustrare l’attualità, scientifica e civile, del razionalismo critico. Questo movimento di pensiero, pur essendo presente in modo decisivo e strategico nella storia della modernità, presenta, tuttavia, uno svolgimento carsico che rende assai difficile la piena comprensione della sua attualità teoretica e civile. L’immagine contemporanea della razionalità riduce infatti sistematicamente quest’ultima alla sua dimensione meramente algoritmico-calcolistica. Questa immagine della ragione umana è attualmente così diffusa, pervasiva ed egemone da essere presente e largamente condivisa anche in orientamenti di pensiero radicalmente antitetici e, persino, opposti (come quelli inaugurati da Heidegger e Wittgenstein, per fare due esempi emblematici). Occorre quindi risalire alle radici di questa immagine che si spiega soprattutto all’interno di una dicotomia caricaturale che ha opposto, sempre più, perlomeno nel corso degli ultimi secoli, la dimensione conoscitiva a quella della libertà e della speranza.
Se si guarda alla storia occidentale da un punto di vista di “lungo periodo” risulta tuttavia più agevole scavalcare il “senso comune” filosofico contemporaneo che concerne la tradizionale immagine della ragione umana, per risalire alla lezione del razionalismo critico inaugurato da Immanuel Kant nel corso della seconda metà del Settecento. Prendendo le mosse dall’immagine plastica ed articolata della razionalità delineata da Kant – che, non a caso, distingueva nettamente tra il piano del Verstand (intelletto) rispetto a quello della Vernunft (ragione) – è così possibile comprendere il pieno valore euristico della dimensione della trascendentalità la quale inaugura una nuova impostazione filosofica, basata su un razionalismo critico coerente ed articolato. Prendendo le mosse dal concetto kantiano di trascendentalità è infatti possibile comprendere sia la specifica tradizione di pensiero entro la quale si è innestata, innovativamente, la proposta del razionalismo critico delineato da Kant scaturita dalla tradizione aristotelica della tarda scolastica (con particolare riferimento alla corrente del neo-realismo medievale), sia gli sviluppi più fecondi di questa impostazione che trovano nella lezione della fenomenologia di Husserl e nella filosofia analitica i propri risultati più maturi e fecondi.
Sulla base del nuovo orizzonte di pensiero inaugurato dal trascendentalismo kantiano, liberato peraltro dalle sue aporie e dalle sue varie sclerosi, è  così possibile ricollegarsi anche alla grande tradizione del razionalismo critico italiano, sviluppato sia da pensatori dell’Ottocento come Giacomo Leopardi, Gian Domenico Romagnosi e Carlo Cattaneo, sia da quei filosofi (come, per esempio: Antonio Banfi, Giulio Preti e Ludovico Geymonat) che nel Novecento hanno dato vita alla breve, ma intensa, stagione del neoilluminismo. Merito specifico di questa tradizione di pensiero è stato proprio quello di ripensare l’oggettività della conoscenza scientifica ponendola in relazione, diretta e feconda, col problema del cambiamento concettuale tipico del sapere scientifico.
In questa prospettiva, attualmente sviluppata, creativamente, a livello internazionale, da alcuni vari gruppi di ricerca presenti sia in Europa, sia nelle Americhe, è allora possibile ricomprendere criticamente il profondo nesso che sempre connette la conoscenza umana con la dimensione della riflessione morale: sapere e morale trovano infatti un loro punto di riferimento privilegiato proprio nella dimensione escatologica che supera criticamente il chiasmo reificante oggi prodotto da una cultura che si basa, prevalentemente, su una dicotomia caricaturale, in base alla quale la conoscenza è sistematicamente contrapposta alla moralità. Al contrario, facendo propria una tricotomia critica è invece possibile intrecciare il sapere con la morale, individuando proprio nella speranza la chiave di volta di una relazione dinamica finalizzata a difendere un progressivo e vario incivilimento delle differenti società umane.

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Pubblicato il 22 Marzo 2010
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