L’Insubria e l’ansia del futuro

Tra riforma e cambiamenti vicini, l'Università varesina sta per affrontare cambiamenti chiave per la propria storia

Intervistato da Alessandra Toni, Francesco Pasquali preside di Medicina e Chirurgia, ha manifestato preoccupanti perplessità in ordine all’efficacia delle scelte governative per la formazione dei giovani medici. Non entro nel merito del problema, le preoccupazioni del professor Pasquali mi danno invece la possibilità di ricordare la più grande delle Incompiute della storia dell’Italia repubblicana, la riforma della scuola, e di evidenziare frammenti di una piccola cronaca, ma che per la nostra comunità ha importanza, come quella dell’Università dell’Insubria.
 
La riforma della scuola: è stata accolta a missili e cannonate, un volume di fuoco sulla cui portata non ha inciso più di tanto l’imprimatur berlusconiano. Infatti quando l’Italia appariva più seria ricevettero critiche e sonori ceffoni aspiranti riformatori di cultura e professionalità elevate, fervidi credenti di centro o di sinistra. Si può dire che la miglior riforma della scuola italica sia quella che non si deve fare.
 
Accolta malissimo quando sbarcò da Pavia con i corsi pareggiati di Medicina a Chirurgia all’inizio degli Anni 70, la nostra Università ha ottenuto l’autonomia e consensi solo alla fine del ‘900. Tra le novità che spesso accompagnano le nascite ce ne sono state di sorprendenti e gradevoli, come il nome, Insubria, che ha evitato scontri con una Como apparentata nella fondazione dell’ateneo, e una gestione in linea con la cultura del lavoro e dell’impegno personale che sono sacra tradizione della nostra gente.
Coloro che oggi paventano un calo di presenza operativa sul fronte medico universitario probabilmente ignorano che, se calo dovesse esserci, sarebbe comunque in linea con le norme contrattuali ben diverse da quelle dei sanitari di estrazione ospedaliera, al “Circolo” ormai da diverso tempo protagonisti per qualità e assiduità nei loro compiti. Come lo sono la vecchia guardia accademica e le giovani leve che hanno piena coscienza della nostra realtà. Dove le qualità intellettuali non possono prescindere da dedizione e spirito di  servizio. E dove si è rispettati e ammirati , e quindi essere primi della classe senza impacci di sorta, se si è abili e trasparenti anche nella gestione delle risorse umane, affidate a 360 gradi come sono a chi ha la responsabilità di un reparto.
 
Non è mutata invece nel clan universitario la tradizione di riservatezza sulla gestione finanziaria. Roba da “Chi l’ha visto?” il bilancio di un ateneo quando la sua diffusione contribuirebbe a far capire meglio ai cittadini la imponente missione scientifica, culturale e sociale dell’istituzione. Una missione pagata dalla comunità.
 
Il rapporto con il potere è una costante nell’attività degli uomini del pianeta accademico, in qualsiasi punto della piramide gerarchica essi siano collocati. E’ un rapporto di rara  delicatezza perché legato a doppio filo anche alla salute dei cittadini e dunque quando, per un interesse personale di qualsiasi tipo, la scorrettezza affiora, allora c’è danno , in termini di credibilità e immagine , all’intera squadra della quale si fa parte.
 
Il potere accademico nelle relazioni esterne richiede un esercizio difficile e anche la discrezione tipica della diplomazia. I silenzi sono dunque tollerabili, le minime increspature accettate pure se potrebbero nascondere uno tsunami. Osservatori attenti a Varese in questi anni possono avere visto tenui e non compromettenti fremiti leghisti, massonici e attenzione all’Opus Dei nelle acque solcate dal solido vascello della nostra Università, che a quanto sembra l’anno prossimo forse perderà, per fine carriera, il suo ammiraglio, Renzo Dionigi. Non è il tempo di bilanci né di dare avvio alle..baroniadi che vedrebbero in lizza non solo medici dal momento che altre Facoltà guardano con grande e legittimo interesse al rettorato. E’ più vicino invece il tempo di possibili altre uscite da Medicina di operatori scientificamente molto preparati, ma non abilissimi nella gestione dei loro collaboratori. Al “Circolo” c’erano una volta èquipe alla bosina: grande leader e “risorse umane” eccellenti. Storie di un passato che era già nel futuro.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 02 Agosto 2011
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