“Basaglia ha spostato l’attenzione dalla paura alla dignità“

Dal 1998, in provincia di Varese lavora il CoPASaM che raduna le associazioni dei parenti. La presidente Lisetta Buzzi Reschini ricorda gli inizi di lotta e l'attuale clima di collaborazione

copasam

È la paura la costante della malattia psichiatrica. Paura verso il malato ma anche paura del mondo da parte del malato: « Quando, nel 1998, chiuse l’ospedale psichiatrico di Varese, io e il dottor Cioffi entrammo per incontrare i 286 pazienti che ancora vi erano ospitati. Ricordo nitidamente la paura dipinta sui loro volti: uscire da quelle mura, dal proprio guscio, per andare in un mondo che non conoscevano. La stessa paura era impressa sul volto dei famigliari che temevano di essere abbandonati, di doversi far carico di un fardello che si voleva solo far sparire. Fu in quel momento che nacque il Co.P.A.Sa.M, un’associazione dove far convergere tutti i gruppi di famigliari. Una sola voce per chiedere che la legge Basaglia non fosse solo una chiusura dei manicomi».

Lisetta Buzzi Reschini è la presidente del CoPASaM, recentemente premiato in Regione e dal Rotary Sesto Calende con il Paul Harris per il ruolo instancabile di collaborazione al fianco di medici e istituzioni: « Oggi c’è una magnifica intesa, si lavora bene e il movimento delle associazioni è cresciuto fino a comprendere anche gruppi di utenti, segno che Basaglia ci vide lungo puntando sulla cura e l’integrazione. Gli inizi, però, furono molto complicati: famigliari e medici erano su posizioni contrapposte, ognuno spaventato di dover affrontare da solo la transizione verso un nuovo modello di assistenza».

La provincia di Varese partì avvantaggiata: « La presenza del professor Edoardo Balduzzi fu una grande risorsa – ricorda Lisetta Buzzi Reschini – La sua idea di una psichiatria territoriale sulla base del modello francese aveva permesso di anticipare il sistema diffuso di cura e di confronto continuo con i pazienti».

Fu proprio Edoardo Balduzzi a volere, nel 1986, il GPL , gruppo di lavoro provinciale per la salute mentale, che da allora ha sempre lavorato in perfetta sinergia con il dott. Cioffi, attuale coordinatore del GPL, promotore, insieme a Copasam, di tante iniziative di lotta allo stigma per l’inclusione sociale.

Ancora oggi, però, sono lo stigma e l’inclusione sociale i punti deboli dell’evoluzione: « È sempre la cronaca nera a fare notizia nel caso della malattia mentale, mentre non passano mai i tantissimi sforzi che si fanno sulla via dell’integrazione. Questo danneggia il confronto, la conoscenza, con il risultato che ci si barrica dietro la paura del malato di mente e si limitano le potenzialità dell’integrazione».

C’è poi un altro ostacolo : « Oggi si è costruito un modello che ancora fa riferimento a luoghi di cura da dove non si esce. Sono diversi a seconda della gravità della situazione, ma i costi sociali di queste strutture assorbono la gran parte delle risorse a disposizione. Così restano finanziamenti residuali per quanto attiene alla prevenzione o a percorsi di riabilitazione come l’housing sociale. Le lunghe liste d’attesa per la neuropsichiatria infantile vanno ridotte con urgenza perché, se non si interviene con tempestività, si rischia di cronicizzare la malattia del giovane».

Oggi non esistono più grandi strutture da 1000 e più posti letto ma piccole comunità, a volte suddivise in palazzine di 20 posti ciascuna per “rispettare” le indicazioni di legge che ne delimitano la dimensione. A questi grandi contenitori si aggiungono tante singole Comunità di 20 posti letto distribuite in Lombardia per un totale di oltre 4000 posti. Queste residenze, insieme ai posti letto in SPDC, Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, assorbono più del 70 per cento delle risorse previste da Regione Lombardia. L’attribuzione della quasi totalità delle risorse alle residenze, fa sì che le persone vi trascorrano molti anni perché non esistono percorsi alternativi per il reinserimento sociale, per il ritorno nel proprio contesto, ai propri affetti ecc. Tutto ciò provoca anche lo scarso ricambio degli ospiti e una continua domanda di posti letto perché il sociale non è nelle condizioni socio-economiche di sviluppare forme di accoglienza e di integrazione.

A rendere ancora più fragile la rete di cura della salute mentale sono le risorse destinate da Regione Lombardia: circa 500 milioni di euro che rappresentano meno del 3% del costo della Sanità lombarda, percentuale quasi dimezzata rispetto al 5% raccomandato dal Ministero. Da qui la mancanza di finanziamenti per garantire interventi concreti e politiche di sviluppo dell’abitare, del lavoro, delle condizioni per costruire e mantenere relazioni con l’accompagnamento in percorsi individuali di emancipazione e autodeterminazione.

« Basaglia ha avuto il grande merito di ridare dignità a queste persone – commenta la presidente del Copasam – di rimetterle all’interno di una società che le aveva emarginate, di spostare l’attenzione dalla paura alla dignità.  Siamo a metà del percorso, però. Oggi stanno nascendo anche associazioni di utenti che si mettono a disposizione per condividere le proprie conoscenze. Nuove vie di collaborazione, di comunicazione e relazione possono portare a completare il cambiamento in atto da 40 anni».

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Pubblicato il 13 Maggio 2018
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