Ristorni dei frontalieri: un tesoro da 73 milioni di euro, vitale per il territorio

Tante considerazioni economiche, ma anche sociali e politiche, alla base della decisione di istituire l'Osservatorio permanente sul lavoro transfrontaliero

Un tesoro che vale oltre 73 milioni di euro di entrate dirette per i comuni di frontiera che incassano i ristorni, ma anche un ammortizzatore fondamentale per superare la crisi economica ed occupazionale che ha colpito duramente in questi anni il nostro Paese.

Il dato diretto sui ristorni per l’anno 2017 che verranno versati nel 2019 nelle casse dei comuni dell’area di frontiera tra Italia e Svizzera è emerso ieri durante la presentazione del Protocollo che ha dato vita all’Osservatorio permanente sul lavoro transfrontaliero, stipulato in Provincia dalla stessa Amministrazione provinciale, dai sindacati italiani e svizzeri, dalla Camera di Commercio di Varese e dall’Associazione italiana dei comuni di frontiera oltre che da enti locali direttamente coinvolti dal fenomeno.

Ma non si tratta solo di un dato economico, come è stato più volte sottolineato dai rappresentanti degli enti sottoscrittori. Il fenomeno, per le sue dimensioni, ha numerose implicazioni sindacali, sociali ma anche infrastrutturali di qua e di là dal confine: dalla mobilità alle dinamiche del lavoro, dall’inquinamento agli effetti indotti sullo sviluppo dei territori.

Nel 2017 il numero ufficiale dei frontalieri italiani in Svizzera ammontava a 62.969 lavoratori, secondo il dato comunicato durante l’ultima riunione prevista dall’accordo bilaterale italo-svizzero del 1974.

Oltre il 49% viene dalla provincia di Varese, seguita da quella di Como e dal Verbano Cusio Ossola.

Per capire l’impatto, sociale ed economico, di questa “massa” di lavoratori, è stato molto efficace l’esempio portato da Giacomo Mazzarino, della Camera di Commercio di Varese: «In provincia di Varese – ha detto – ci sono attualmente circa 30mila disoccupati: se dovesse passare la politica del “prima i nostri” che alcuni si augurano in Canton Ticino, questo numero raddoppierebbe di colpo, con tutte le conseguenze che si possono immaginare».

Da queste considerazioni e dalla necessità di dare una forma istituzionale al confronto su queste tematiche è nata la proposta dell’Osservatorio permanente sul lavoro transfrontaliero che nella mattinata di ieri ha preso il via sia in provincia di Varese che in quella di Como.

Secondo il protocollo sottoscritto ne faranno parte il Presidente della Provincia di Varese o suo delegato; un rappresentante per la Camera di Commercio di Varese; tre rappresentanti tra le organizzazioni sindacali Cgil Varese, Cisl dei Laghi, e Uil Varese oltre al presidente e ai due vicepresidenti del Csir Ticino, Piemonte e Lombardia, anche attraverso loro delegati; Presidente dell’Associazione dei Comuni Italiani di Confine (ACIF); i rappresentanti politici individuati tra i rappresentanti dei Comuni degli ambiti territoriali della Provincia di Varese maggiormente interessati al fenomeno del frontalierato per numero di lavoratori coinvolti: Varese città, Comunità Montana Valli del Verbano, Comunità Montana del Piambello e i Comuni beneficiari dei ristorni in territorio non montano.

Un gruppo composito, che dovrà ragionare sul complessi temi sociali ed economici legati al frontalierato, ma che sarà anche la voce dei territori che maggiormente sono influenzati, nel bene e nel male, da questo fenomeno.

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Pubblicato il 09 Ottobre 2018
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