Civati: “Sull’area ex Aermacchi il beneficio pubblico è molto importante”

L'assessore all'Urbanistica Andrea Civati interviene sulla riqualificazione dell'Ex Aermacchi. "Lavoriamo insieme e in pochi mesi avremo il progetto definitivo"

Un’opera tra le più importanti, e impattanti, degli ultimi decenni. Una trasformazione completa di un’area abbandonata da molti anni, ferita da un grande fallimento che l’ha cristallizzata nel suo degrado.

Questa è la riqualificazione dell’area Ex Aermacchi, un’area enorme  – 38mila metri quadri poco lontano dal cuore di Varese. Il progetto presentato da Tigros spa prevede un’area edificata costituita da una struttura di vendita di circa 3500 metri quadri, un polo sportivo di 7600 metri quadri su due piani e un parco di oltre 10mila metri quadri.

Sarà un’opera destinata a incidere fortemente sulla zona ed ha quindi un grande interesse pubblico, oltre che una valenza privata. Ne parliamo con l’assessore competente, Andrea Civati.

«Quella che vediamo è una proposta e va  sottoposta a una serie di approfondimenti tecnici. È un progetto privato che ha sì un interesse pubblico, e quindi un’attenzione da parte del comune, ma parte comunque da un documento realizzato non dall’ente pubblico. La parte di beneficio pubblico è molto importante: basti solo pensare ai costi di una piscina olimpionica da 50 metri. In altre aree dismesse il primo interesse è eliminare l’area di degrado, qui c’è molto di più.  Questo progetto non sacrifica, ma aumenta fortemente il verde in quell’area, solo per fare un esempio. Per non parlare degli impianti sportivi che Varese non ha mai avuto e ora avrebbe, o della riapertura del torrente Vellone, che non ha solo un vantaggio paesaggistico ma anche concreto: aiuterà a evitare le esondazioni che ricordiamo».

LA RISCOPERTA DEL VELLONE

Una delle – tante – caratteristiche originali del progetto è il fatto che riporterà all’aria aperta una parte del torrente Vellone, che da molti decenni scorreva interrato. «In termini idraulici il passaggio del Vellone è già stato reso più sicuro dai lavori realizzati a monte – precisa l’assessore – Ma la tendenza da perseguire è comunque quella di liberare il letto del torrente: perché aggiunge qualità alla città ed impedisce esondazioni come è successo nei primi anni 2000, con danni visibili ancora ora. Riportare il Vellone alla luce, tra l’altro, aggiunge qualità al parco: anche a Milano si riaprono i navigli per riqualificare la città. Il Vellone era un torrente che passava sotto le cantine, ora deve essere riscoperto».

Una tendenza che nella Varese del futuro si consoliderà anche con il masterplan delle stazioni, che prevede dopo piazzale Kennedy un altro punto verde che riqualifica e “scopre” l’area del Vellone. «L’idea generale è scoprirlo dovunque sia possibile» puntualizza Civati.

RIDARE SPAZIO A CICLISTI E PEDONI

Nell’area coinvolta dal progetto c’è anche un edificio comunale: «Si tratta dell’edificio che ospitava il centro stampa e che ancora ora ospita lo sportello unico per le attività produttive: nel progetto si prevede la sua demolizione, anche se non si esclude di ricrearlo nei pressi». Specifica l’assessore, che precisa: «La demolizione di questo edificio però permette la costruzione di un grande parco urbano, che è il valore aggiunto del progetto. All’interno dell’area verde del parco è previsto un percorso ciclopedonale e anche un’area sportiva all’aperto:si parla di Skate Park e playground. Tutto questo nella parte dell’area che dà verso via Crispi».

Ma: «Mentre sulla via Crispi il connotato urbano è quello del parco, sulla via Sanvito mi piacerebbe che fosse la piazza a spiccare,a connotare la parte delle opere pubbliche: uno spazio pubblico che faccia da accesso principale del centro sportivo, e crei un’apertura alle persone, nel lungo viale Sanvito, che su quella direttiva ancora non c’è. Un luogo vivibile dal quartiere, visto che ci sarà anche una struttura di somministrazione, dove si possano anche fare mercatini e si stazioni all’aperto».

In termini di mobilità, invece «Tutto il fronte di via Sanvito vedrà un ampliamento dei marciapiedi, visto che i calibri della strada consentono degli spazi dedicati, e una carreggiata per le biciclette. L’idea che è emersa, più in generale, è che presso l’ex Aermacchi sia realizzato un vero e proprio hub della mobilità sostenibile: dalla stazione del bike sharing, alle colonnine di ricarica elettrica per automobili e biciclette, alla ciclostazione: la sua posizione cosi vicina al centro lo rende adatto a chi vuole utilizzare la mobilità alternativa per venire in città per lavoro e altro. A tutto questo, sempre per favorire la mobilità alternativa, si aggiungeranno sia su via Crispi che su via Sanvito delle fermate dell’autobus più riparate e accoglienti, diverse da quelle un po’ sacrificate di oggi. »

LA MEMORIA DELLA GRANDE INDUSTRIA

Una delle preoccupazioni di chi riconosce a quel sito un grande valore storico per la città, è che venga fatta semplicemente una “tabula rasa”di quella che era la grande industria aeronautica varesina.

«E’ un tema che non abbiamo ancora approfondito – ammette l’assessore –  Va sottolineato però che quella è un’area fortemente compromessa, con capannoni degradati e ampie coperture in eternit da rimuovere. Gran parte dei fabbricati sono in cattive condizioni, e il sito è stato bombardato durante la seconda guerra mondiale e poi ricostruito. Da parte nostra c’è la voglia di mantenere una memoria sulla parte industriale del sito, al di là del pregio architettonico, per quello che il luogo ha rappresentato per la città. In che forma è ancora prematuro dirlo: ma in questo caso penso sia più importante il valore storico di quello architettonico. Questi aspetti però li vedremo nella prosecuzione del processo».

I TEMPI PER L’APPROVAZIONE DEL PROGETTO

I tempi per dare l’ok alla proprietà perché possa realizzare il progetto non sembrano troppo lunghi.

«Ci sarà un primo passaggio in giunta di carattere preliminare, dove sostanzialmente vengono fissati i capisaldi del progetto concordati dalla proprietà e dal comune – spiega Civati – Dopodiché viene protocollata la proposta definitiva da parte della proprietà che recepisce le proposte del comune. A quel punto c’è un altro passaggio in giunta e poi segue una fase partecipativa con la città: per noi questo è un punto importante, considerata l’importanza dell’opera»

Una “fase partecipativa” che comincerà presto: «Già nei prossimi giorni faremo una seduta dedicata in commissione urbanistica, più precisamente il 25 novembre. Poi vogliamo sentire i pareri del consiglio di quartiere e altri ulteriori passaggi partecipativi, anche informali perché sia il più possibile condiviso, in modo anche da raccogliere osservazioni»

Esaurito questo punto poi: «Ci sarà una seconda lettura in giunta, per l’approvazione definitiva. A quel punto l’ok alla proprietà sarà definitivo. I tempi di realizzazione poi dipenderanno naturalmente dal cantiere privato. Se dovessi quantificare, per i passaggio che ho descritto ci vorranno circa 4-5 mesi»

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 18 Novembre 2020
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Commenti

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  1. giuliomoroni
    Scritto da giuliomoroni

    Prendo spunto dall’intervento di Elena Brusa Pasquè per portare un parere diverso alla discussione che senz’altro si aprirà sul tema della riqualificazione o rigenerazione dell’area Ex Aermacchi.
    E partirei proprio dal Suo incipit, ovvero quel comandamento, il primo, nel quale si afferma che “la rigenerazione non può prescindere dalla storia dei luoghi”.
    Ebbene, secondo me, così si parte male. Ricordo a me stesso che stiamo parlando di una ex area industriale, a ridosso del centro, dismessa da anni, che di bello ha decisamente poco, senza con ciò nulla voler togliere al suo importante passato di storia produttiva che tanti fasti ha portato a questa città.
    Ma erano altri tempi ed oggi sarebbe già di per sé impensabile imporre una destinazione “produttiva” ad un’area che nel corso degli anni si è ritrovata ad essere quasi a ridosso del centro città.
    Ricordo che mia madre raccontava che negli anni della seconda guerra mondiale alla Brunella c’erano i prati dove pascolavano le pecore e che oltre era campagna e che la “Aermacchi” si trovava quindi in piena periferia a ridosso del Colle Campigli dove sorgeva il Palace del Sommaruga meta di vacanzieri in cerca di aria buona e belle viste.
    Ma perché mai dovremmo “salvare” qualche muro dell’Aermacchi ed incastonarlo in un progetto nuovo? Ma perché in questa città non si ha mai il coraggio e l’ardire di creare qualcosa di nuovo (e bello)? Ma cosa significa in concreto rigenerare tenendo conto della storia dei luoghi?
    Non stiamo parlando di un’area e di immobili di pregio o di valore architettonico tale da essere preservati. L’aera di cui stiamo parlando non è comparabile ai Docks di Liverpool e non costituisce un patrimonio edilizio storico che merita una salvaguardia a futura memoria. Sono muri e capannoni in parte malconci.
    Con tutto il rispetto che porto per chi lì ha fatto impresa e per coloro che vi hanno lavorato, penso che si debba avere il coraggio di rompere e soprattutto di interrompere una fissazione nostrana, ovvero quella che sia necessario preservare la memoria a tutti i costi ed a costo di non riuscire mai a progettare il futuro liberi da lacci e lacciuoli.
    Lo è stato con i Piani Regolatori degli anni sessanta che imponevano un limite all’altezza degli edifici del centro città, tant’è che Varese è risorta piatta, senza identità, noiosa, con pochissime eccezioni portate avanti da architetti lungimiranti e penso al Vermi.
    Lo è ancora oggi, quando qualche Amministrazione impone al proponente di un intervento edilizio complesso la conservazione di qualche muro, antiche vestigia di cose che non esistono più.
    Ricordo, per esperienza personale, l’imposizione dell’ufficio tecnico di un Comune sulla sponda nostrana del Lago Maggiore a mantenere sulla passeggiata lungolago una porzione di un muro di un opificio che lì sorgeva (frontelago), che non operava più da decenni e che probabilmente aveva anche creato qualche guaio per lo sversamento nel lago di liquidi non propriamente atossici.
    Che senso ha tutto questo?
    Dove sta la ratio del voler pensare a “rigenerare” e non a “riqualificare”? Le parole sono importanti e pesano assai nel pensiero che Elena Brusa Pasqè ha voluto condividere.
    Perché “rigenerare” contiene in sé il seme del mantenere, o meglio per definizione del dizionario, “ricostituire parti di un organismo lese o perdute”.
    Allora io preferisco, nel caso di specie, parlare di riqualificare, ovvero rendere qualcosa qualitativamente migliore e non sto di certo parlando di riqualificare un’area produttiva per renderla una migliore area produttiva.
    Mi piacerebbe che i Proponenti dell’intervento avessero l’ardire di presentare un progetto totalmente nuovo, originale, bello ed ovviamente fruibile nella sua interezza, senza spazi inutili ed inutilizzabili, orrori come fontane, cascate d’acqua ed altri manufatti del genere e porzioni di verde destinati ad essere trascurate perché le manutenzioni sono onerose.
    Qualcosa di eccezionale che possa integrarsi pienamente con la nostra vita, in questa città che ha bisogno di coraggio progettuale in tutti i sensi.
    Buon lavoro ai Progettisti ed all’Amministrazione.

    1. Avatar
      Scritto da Elpostasemperlu

      Pienamente d’accordo.

  2. Massimo Propersi
    Scritto da Massimo Propersi

    Mi permetto di sottolineare che è errato far passare l’area dell’Aermacchi come una zona disastrata e bombardata che necessita solo una bonifica a tabula rasa, non è così. All’interno dell’area ci sono delle PERLE architettoniche che vanno salvaguardate, mi riferisco ai capannoni di grande luce in acciaio, strutture fatte per poter realizzare manufatti importanti oggetto della produzione dell’Aermacchi. Abbattere queste strutture è sicuramente un danno. Ovvio che altri angoli del sito sono in disfacimento, non questi che richiedono solo il rifacimento degli stati di copertura fatti magari in eternit e una manutenzione vanno conservati. Preciso ancora che queste rilevanti strutture oltre ad avere interesse architettonico e strutturale, oggi non sono più replicabili. Mi auguro quindi che ci sia attenzioni verso questi edifici e non si provveda come al solito alla demolizione totale cui siamo ahimè abituati (vedi Mercato coperto e recentemente la Falegnameria di via Carcano) per fare spazio ad interventi disneyani o al solito anonimo parchèggio. Grazie

    1. Angelo Del Corso
      Scritto da Angelo Del Corso

      L’intervento di Elena Brusa Pasquè e la nota di Massimi Propersi sulla rigenerazione e riqualificazione dell’ insediamento industriale dismesso di Via Crispi e Via Sanvito rimarcano la buona prassi della progettazione architettonica e urbanistica. Soltanto con una puntuale analisi dei luoghi partendo dalla loro storia può nascere l’utilità al contesto urbano in cui sarà inserita la nuova struttura. L’area ex Aermacchi deve essere ricucita al tessuto cittadino che, finalmente, vede in questi ultimi anni gli attesi “rammendi” di luoghi logorati dall’incuria e dall’abbandono. Questa opera di “ricucitura” potrà riuscire nel suo scopo esclusivamente a seguito di una attenta ricerca dei valori storici, sociali, ambientali,….e suggerire la progettazione. Il lavoro didattico e altamente scientifico compiuto poco tempo fa dagli allievi del Politecnico di Milano (Polo di Lecco), condotti dal gruppo docente diretto dalla prof.ssa Katia Accossato, su quest’area ha mostrato le valenze del luogo e indicato i valori da conservare e di ispirazione progettuale. Una parte importante dell’analisi è quindi stata compiuta e presentata con una mostra alla società civile. Evitiamo che questo impegno di eccellenza venga (ancora una volta) inutilizzato.

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