Il silenzio vince, la ‘ndrangheta fa ancora paura
Tra i commercianti del paese c'è sollievo per le richieste di rinvio a giudizio per gli appartenenti alla cosca ma nessuno ha avuto, fino ad oggi, il coraggio di denunciare. La politica non ne parla e intanto arriva il Pgt da votare
Una nebbia pesante nasconde anche la punta del campanile a Lonate Pozzolo mentre attorno la brughiera è completamente bianca come se avesse appena nevicato. Nel gelo invernale in paese di ‘ndrangheta non si parla più e la notizia della richiesta di rinvio a giudizio per 52 persone coinvolte nella cosiddetta locale di ‘ndrangheta "Legnano-Lonate Pozzolo" è arrivata senza scuotere più di tanto le coscienze. Qualcuno l’ha letta sui quortidiani locali e lo dice, qualcun’altro l’ha letta ma fa finta di niente.
Tutti sono d’accordo su una cosa: da quando i Filippelli e la sua banda sono stati arrestati si vive più tranquilli: «Quando giravano per il paese entravano, consumavano e guai a chiedergli di pagare – racconta un commerciante – adesso, almeno quello, non dobbiamo sopportarlo più». Questo era il modo di dominare il territorio di questi personaggi, o almeno di quelli che componevano il braccio armato del gruppo, a partire da Mario Filippelli che tutti definiscono il più gradasso: «I suoi atteggiamenti da spaccone erano il suo modo di dire che poteva fare quello che voleva – racconta un uomo – non era come i suoi capi (Rispoli, anche lui a piede libero) che sapevano comportarsi in pubblico». Delle estorsioni, naturalmente, nessun commerciante parla e alla domanda: il pizzo ve lo chiedono ancora? La risposta è una: «La famiglia è molto grande», gli occhi e le orecchie non hanno smesso di lavorare mentre i capi sono dentro.
Il sollievo di non vederli in giro non ha, però, aumentato la fiducia dei lonatesi nelle forze dell’ordine: «Si metta nei miei panni – racconta una commerciante del paese – se parlo lo Stato che protezione mi dà? Se denuncio come faccio ad essere sicura che poi questi non possano venire dai miei figli e mettere in atto qualche ritorsione». Le denunce, infatti, non sono arrivate e il silenzio è ancora padrone qui, a pochi passi da Malpensa, anche se i commercianti ammettono che da quando ci sono stati gli arresti di aprile dell’anno scorso «i Carabinieri passano spesso e ci chiedono se abbiamo qualcosa da raccontare» . Nel frattempo qualcuno degli arrestati ha ottenuto anche la libertà come Cataldo Casoppero, imprenditore edile che in molti conoscono a Lonate: «Cataldo dorme con la valigia accanto al letto – racconta qualcuno che lo conosce – ogni volta che c’è un’operazione vengono a prenderlo con gli elicotteri e poi devono liberarlo. Come facciamo a fidarci di chi fa le indagini? Adesso chi restituisce a lui la sua dignità?»
La politica, invece, sembra essersi adeguata al clima di silenzio e rimozione dalla memoria di quanto è accaduto. A parte la manifestazione organizzata dalla Lega Nord e da Modesto Verderio (seppur in piena campagna elettorale, foto a destra) non ci sono state altre iniziative da parte di nessun partito per far uscire questa città dal buio dell’omertà in cui sembra essere caduta. In consiglio comunale si attende il piano di governo del territorio da parte della giunta Gelosa e l’opposizione dei Democratici Uniti sembra intenzionata a chiedere un impegno serio perchè si faccia attenzione al grande business edilizio che attende ancora Lonate e la zona circostante. Sono iniziate nei giorni scorsi, infatti, le prime demolizioni dei palazzi abbandonati con la delocalizzazione e per la longa manus della malavita che opera attraverso una miriade di imprese edili si tratterebbe di un boccone molto ghiotto in cui c’è posto un po’ per tutti: a partire dalla demolizione, allo spostamento e smaltimento dei detriti fino alle nuove volumetrie che verranno assegnate la catena è lunga e la facilità con cui queste imprese hanno operato fino ad oggi non fa presagire nulla di buono.
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