Carte ciclostinate by Sandro Sardella
L'artista ha assemblato i suoi volantini metalmeccanici & postali, ciclostilati e fotocopiati in proprio 1978- 2011. Ne è nato un libro pubblicato da Abrigliasciolta, un inno al valore d’uso di marxiana memoria
Alla metà degli anni settanta Sandro Sardella inizia a lavorare come operaio di 3° livelllo metalmeccanico alla Gilera- Piaggio di Arcore, incontra la deflagrazione generata dal movimento del ’77 e, vigendo il principio della non delega, comincia a diffondere volantini in proprio firmati Sandrino Operaio Stupidino, che con stile dissacrante sono contraddistinti da un linguaggio che va “ oltre il politichese e il sindacalese”.
In quel contesto, a fronte di una mutazione della composizione di classe e di ben altri rapporti di forza, anche i vertici sindacali vengono sottoposti a critiche corrosive e trancianti, cosicchè in Di /Pintura Operaia il distico di chiusura della poesia è eloquente…
preferisci fottere
o preferisci essere fottuto?
Poi, dopo la creativa esperienza della rivista di scrittura operaia “ Abiti-Lavoro”, con Brugnaro, Di Ciaula,Garancini, Guerrazzi, Di Ruscio, Cardinale, Voller, ecc, Sardella, diventato nel frattempo operaio postale, riprende a scrivere e a dipingere in proprio agli inizi degli anni 2000, quando con l’aziendalizzazione delle poste rivede la produttività, gli obiettivi di produzione e il proliferare di un potere magmatico, composto da nuovi capi e dirigenti che si rivalgono scioccamente sui subalterni, contro cui scaglia molte delle sue provocatorie invettive.
Se alla Gilera-Piaggio Sardella era un antagonista battitore libero, il mutare dei rapporti di forza e la chiusura dei centri di smistamento provinciali (CPO), che vengono concentrati in Lombardia a Brescia e a Roserio in provincia di Milano, lo inducono alla scelta di candidarsi per la RSU nelle liste della SLC-CGIL, perché “c’è un sindacato che tenta di elevare le condizioni materiali e spirituali dei lavoratori e delle lavoratrici”.
Il volantino con cui motiva la sua decisione è strepitoso, per cui vale la pena di estrapolarne la parte centrale:
non credere ai venditori di fumo e arraffatori di tessere
non credere che un semplice voto possa cambiare il “lavoro”
non credere che votando “ così ci pensano loro”…
non sono un politico
non sono un medico
non sono un economista
sono solo anche un operaio postale
un poco contro l’arroganza dei potenti grandi e piccini
un poco poeta
un poco artista
un poco critico randagio
un poco
un
Ora
Sandro Sardella, uno delle migliaia di esodati dalle poste in attesa della pensione, ha assemblato i suoi volantini metalmeccanici & postali, ciclostilati e fotocopiati in proprio 1978- 2011, con un libro “ Carte ciclostinate” ( €uro 7,00) che per merito della casa editrice ABRIGLIASCIOLTA è un vero inno al valore d’uso di marxiana memoria.
La dizione “ostinate” è il timbro che anima l’opera complessiva dell’artista Sardella: nonostante l’omologazione capitalistica, guai, come ci ha insegnato il maestro Franco Fortini, ad arrendersi : “ La poesia non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi”; in una direzione decisamente contraria ed antagonista, con la finalità di lottare per la costruzione di un’altra umanità.
Vincenzo Cesareo, docente di sociologia della comunicazione all’università di Milano, nei corsi per delegati della FIOM agli inizi degli anni ’80 premeva per un fondamentale salto di qualità : passare da consumatori passivi d’informazione a soggetti attivi che producono informazione o, meglio, controinformazione.
Sandro Sardella non ha probabilmente seguito questi corsi, ma la sua tambureggiante controinformazione è la tangibile testimonianza non solo di una storia significativa di vera letteratura operaia, ma soprattutto dell’eccedenza di senso di un mondo del lavoro che non si esaurisce nei tempi alienanti del lavoro.
Il libro è anche arricchito dai contributi critici della cerchia dei compagni e delle compagne che hanno seguito passo dopo passo l’evoluzione del suo discorso urticante, con un encomio particolare da parte del noto poeta americano Jack Hirschman, che ha definito la sua esperienza artistica “una avventura di libertà”.
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