Un teatro in lacrime per le voci di chi “ha visto”

Oltre mille studenti letteralmente sbalorditi dalle testimonianze degli eccidi nazifascisti hanno aperto la prima giornata di #Glocal13. L’affettuoso saluto alla reduce della strage di Borgo Ticino: “Non dimenticate mai”

politeama buffa apertura«Aiuto hanno ammazzato tutti». La pelle d’oca comincia a salire subito poco prima delle 10 quando l’attrice Pamela Villoresi, con l’inflessione toscana, ricorda persino il rumore della pelle bruciata dalle pallottole dei fucili che spararono a Sant’Anna di Stazzema, 560 morti in Toscana durante l’omicidio di massa perpetrato dalle truppe di occupazione tedesche in ritirata. Non si chiama “rappresaglia”: sono militari sanguinari, criminali, che non risparmiano nessuno, sparano e ammazzano tutti facendo un mucchio di fronte alla chiesa. È il racconto straziante di una bambina, Cesira Pardini che ‘ha visto’. La rappresentazione teatrale si è svolta di fronte alla platea di ragazzi delle scuole superiori di Varese che è rimasta attonita, sbigottita, senza parole e con le lacrime agli occhi. Lo schifo della guerra, in questi racconti, non va via neppure dopo il primo applauso, che introduce il primo incontro di Glocal13 sul palco da parte del direttore di Varesenews Marco Giovannelli col giornalista Pier Vittorio Buffa, autore del libro “Io ho visto”: «Un viaggio nel dolore e nella sofferenza che ha attraversato il Paese dall’agosto del 1943 al 30 aprile del 1945 a liberazione avvenuta, in Veneto». «Stragi – ha spiegato Buffa – che non possono essere liquidate come rappresaglie, ma come guerra contro i civili. Una ‘terza guerra’ condotta, oltre a quelle contro gli alleati e i partigiani, contro la popolazione di paesi e città, per togliere l’acqua ai partigiani e sgombrare il fronte».
Il testo nasce proprio dall’esigenza di conservare la testimonianza, «il dovere di mantenere viva la memoria».
Poi ancora i racconti dei sopravvissuti dell’oratorio di Cerpiano, del casolare del Mulinaccio ad Arezzo, di Cornelia Paselli che a Marzabotto ha perso due fratellini e la mamma, soccorsa con una corda per fermarle il sangue dalle gambe, in mezzo ai morti. E la storia di Maddalena Gazzetta, presente in teatro, che il 13 agosto 1944 aveva 8 anni e a Borgo Ticino ha contato 12 morti, tra cui anche il fratello della mamma, lo zio Nino. E che ha contato 13 militari tedeschi, in piedi al plotone di esecuzione quando «il frastuono degli spari si è mischiato alle urla».
Sul palco c’era anche Daniele Biacchessi, caporedattore di Radio24 che ha dedicato grande energia al tema del ricordo nella sua vita professionale e di «Sono originario di Montesole, vicino a Marzabotto: 760 morti per mano della 16 divisione Panzergranadier. Perché oggi sono presenti gruppi politici e musicali che si basano su questi ideali, perché cosi’ tanta storia sbagliata sulle stragi nazifasciste?» si è chiesto il giornalista. Il perché sta nascosto nelle pieghe della storia e della Guerra fredda.teatro politeama palco
«Nel 1994 venne trovato a Roma un armadio, ribattezzato “l’armadio della vergogna”: era custodito negli archivi degli uffici dei tribunali militari di via degli Acquasparta a Roma e mai venne aperto da 50 anni con fascicoli che riguardavano le stragi della Guerra e denunciate a polizia e carabinieri dai sopravvissuti. Reati tuttavia mai perseguiti dalla giustizia. Nel 1960, per esempio, il giudice militare Santacroce archivia su ordine del potere politico perché il nuovo nemico da combattere e’ il comunismo, e non più il nazismo. Così sono state archiviate le inchieste su 40 mila morti col ‘modello 18’: Sant’Anna, Montesole tutte stragi archiviate, come Borgo Ticino. Per questo abbiamo il dovere della memoria» ha affermato con decisione Biacchessi col precetto, quasi citando Calamandrei, di vivipare. Vigilare sulla Costituzione che «non è nata nelle commissioni parlamentari, ma nei luoghi delle stragi che a volte ci passano di fianco senza accorgercene: a Milano ci sono 11.200 lapidi di partigiani uccisi. Per questo a Costituzione va difesa non solo il 25 aprile, ma sempre».
teatro politeama palcoSul palco alla fine della mattinata è salito anche Angelo Chiesa, presidente dell’ANPI di Varese, visibilmente commosso che ha ricordato cosa i nazisti fecero 70 anni fa in Valcuvia, dove al San Martino si consumò uno dei primi episodi della Resistenza: «Arrivarono per combattere gli uomini del Tenente Colonnello Marco Croce: 35 morti tra i partigiani. Arrestati, torturati negli scantinati del municipio di Rancio Valcuvia e poi fucilati: le celebrazioni di questa battaglia si terranno domenica prossima a Cuveglio dove parteciperanno molti giovani.
Anche l’autrice Pamela Villoresi, in conclusione della mattinata ha spiegato la passione che le è cresciuta leggendo questo libro: «Mi sono occupata della Shoah attraverso la letteratura yiddish, e quando mi proposero di seguire questo progetto mi è venuto in mente lo Yad Vashem di Gerusalemme dove sono raccolte le voci dei sopravvissuti. Così ho accettato di inscenare questo testo. E, come per la rappresentazione della Shoah, mi sono tornati gli incubi».
L’ultimo, e più’ forte applauso è arrivato alla fine quando sul palco è salita Maddalena, la nipote dello zio Nino: «mai potrò dimenticare. E ancora oggi mi chiedo come si può perdonare», ha detto, prima di venir con affetto circondata dai ragazzi che in tanti hanno voluto salutare questa testimone di quello che è stato.

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Pubblicato il 14 Novembre 2013
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