Abbattute le prime case delocalizzate. E ora, che si fa dei terreni “ritrovati”?
La Regione ha annunciato il completamento del primo lotto di demolizioni di case non più abitabili per via del rumore. Ma cosa si farà delle aree? Chi deciderà se e cosa costruire? Alcune risposte
E adesso, che le case delocalizzate iniziano ad essere abbattute per davvero, che si fa delle aree divenute di proprietà comunale? È la domanda che molti si pongono da mesi, a partire dai residenti di Ferno, Lonate e Somma, i paesi e la cittadina interessati. Se molti aspetti rimangono indefiniti, alcuni punti fermi iniziano al contrario a emergere.
Partiamo dall’inizio: le “case delocalizzate” sono edifici nelle aree dichiarate incompatibili con la residenza a causa del rumore dell’aeroporto di Malpensa. La stragrande maggioranza degli abitanti di queste case ha deciso di lasciarle (in effetti sono gli abitanti ad esser stati delocalizzati, non le case), in cambio di un risarcimento: case e aree sono diventate di proprietà della Regione e successivamente trasferite ai Comuni. Il primo lotto delle “case delocalizzate” è stato abbattuto quasi interamente (come ha annunciato la Regione mercoledì 24 giugno), gli abbattimenti del secondo lotto sono annunciati come imminenti.
Il punto è: ora cosa si farà di quei terreni? Chi decide cosa costruire o se lasciare a verde? I Comuni autonomamente o con vincoli da parte della Regione? «L’idea precisa di come recuperare le aree non c’è ancora» ammettono gli amministratori, anche se qualche punto inizia ad essere chiarito.
Primo: «A luglio è previsto il collaudo e la consegna delle aree, che diventano comunali, infatti anche le pratiche catastali sono a carico dei Comuni» spiega Ilaria Ceriani, neo-assessore all’urbanistica a Somma Lombardo. Secondo: nell’ultima riunione in Regione, l’assessore Viviana Beccalossi e i funzionari hanno confermato che – se è vero che le aree sono sotto iniziativa comunale – la programmazione su queste aree speciali dovrà passare dal tavolo che riunisce i Comuni, la Regione ma anche Sea. «Bisognerà passare dall’accordo quadro, per non procedere per piccoli lotti ma con una idea complessiva» spiega ancora Ceriani e conferma il sindaco di Ferno Mauro Cerutti. È stata ribadita l’idea di un “concorso d’idee” che spinga per riprogettare tutte le aree nel loro complesso, evitando che ad esempio due Comuni prevedano iniziative simili e concorrenti a pochi chilometri (è già successo, nei dintorni di Malpensa, vedi i tanti alberghi sorti nei Comuni di sedime e non solo, spesso oggi in difficoltà, a volte costruiti e mai aperti)
Terzo elemento: nell’accordo quadro rientreranno sia le aree delocalizzare, sia quegli edifici che non sono stati abbattuti (perché fuori dall’area più rumorosa) e che restano di proprietà comunale. «Abbiamo chiesto che questi fabbricati restino a disposizione dei Comuni, per essere impiegati per attività di pubblica utilità» continua il sindaco di Ferno Cerutti. L’idea è di darle in comodato d’uso a realtà non a scopo di lucro, che si dovranno fare carico però anche delle manutenzioni (gli edifici sono in disuso da anni, anche se in alcuni casi in buone condizioni generali).
Quarto: non sono per ora neppure ammesse usi temporanei delle aree, una possibilità esclusa dalla Regione. L’esempio che viene citato è una richiesta arrivata da uno dei tanti operatori dei parcheggi intorno a Malpensa, interessato a usare un terreno all’aperto a Case Nuove: non potrà farlo.
Quinto: il rapporto con il contesto più ampio e in particolare con Sea, che ovviamente era presente al Comitato che si occupa della vicenda. «Quello che sta emergendo è un buon approccio – ragiona ancora Ilaria Ceriani – che deve accompagnarsi ad una programmazione più ampia: non possiamo immaginare che Sea proponga ad esempio un Master Plan che riproponga enormi volumi di logistica senza fare i conti con quel che c’è fuori». Il riferimento è al sistema di interventi infrastrutturali immaginato da Sea, comprendente non solo la terza pista, ma anche – almeno inizialmente – un parco logistico. Sea ha ritirato il MasterPlan, ma nell’ipotesi di un nuovo progetto i sindaci chiedono – sostanzialmente – che ci si coordini, per evitare che l’area dentro l’aeroporto faccia concorrenza ai Comuni ed evitare inutile spreco di suolo.
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