Le schermaglie della Lega e i fatti del ’45

In consiglio comunale le mozioni scaldano gli animi: il riferimento alla società multietnica riapre lo scontro tra carroccio e Pdl

Tante mozioni, tante emozioni al consiglio comunale. Se per emozioni si intende le occasioni di scontro, si può dire che non siano mancate: quasi scontato che le differenze di vedute creassero qualche attrito tra maggioranza e opposizioni sul tema del terrorismo e sulla proposta dell’Ordine del Tricolore, un riconoscimento a chi ha combattuto nella seconda guerra mondiale, sia dalla parte degli alleati legittimi sia accanto ai tedeschi occupanti. Meno scontata la ripresa del match tra la Lega Nord e i consiglieri di Alleanza Nazionale.

Contro ogni forma di violenza
La mozione contro il terrorismo e per la posa di un cippo dedicato alle vittime ha una storia lunga: proposta dal democratico Aldo Lamberti, ha richiesto un lungo lavoro di confronto e mediazione. Il risultato è stato un testo che condanna il terrorismo politico interno da qualunque parte provenga, ma anche (se non soprattutto) il terrorismo internazionale islamico. La Sinistra di Cinzia Colombo ha lamentato la mancanza di riferimenti alla violenza della guerra, «che si alimenta e alimenta il terrorismo in una spirale». Sulla stessa linea si è mosso anche Lamberti. La sottolineatura non è piaciuta ad Alessandro Petrone (Pdl), che però si è premurato soprattutto di sottolineare la comunione di intenti con la Lega nel «tutelare le nostre radici e le nostre tradizioni» e nel chiedere agli stranieri un patto di civiltà per accedere ai servizi. «Il principio è lo stesso che guida la Lega, forse solo il tono è diverso» ha concluso il fozista.

I moschettieri della Lega e le schermaglie con il PdL
Lo sforzo per riavvicinare la Lega facendo digerire il riferimento alla società multietnica presente nella mozione è stato però vano: i tre moschettieri del carroccio hanno abbandonato l’aula al momento del voto: «La mozione è andata al di là delle intenzioni iniziali, mischiando elementi troppo diversi» ha spiegato Roberto Borgo, indicando il presunto fallimento di ogni modello multiculturale. La posizione del carroccio non è piaciuta a Giuseppe De Bernardi Martignoni, che ancora ha un conto in sospeso dopo l’episodio del “necrologio ad An” di un mese fa. A ridare fuoco alle polveri sono però ancora i leghisti. Mentre si parla di tutt’altro, Antonio Trecate sventola l’ultimo prodotto della fantasia padana: un finto volantino elettorale che rifacendosi ad uno slogan di Alleanza Nazionale proclama che “Non c’è più alleanza” (perché è scomparsa nel Pdl). Quanto basta per scatenare Martignoni, che abbandona l’aula con al seguito un bel po’ di forzisti chiamati a tranquillizzare i nuovi compagni di partito. E Petrone si trova a stigmatizzare ancora una volta la Lega Nord gallaratese.

Il Tricolore che divide
Martignoni se ne va giusto mentre Lamberti inizia a presentare la mozione dedicata all’Ordine del Tricolore che equiparerebbe partigiani e repubblichini. Basta questo per creare qualche scambio di battute tra maggioranza e opposizione. Il giudizio opposto sulla proposta da parte dei due schieramenti è noto: il centrodestra crede che dopo sessant’anni si possa concedere un riconoscimento morale a chi combattè dalla parte dei nazisti, nei reparti regolari della illegittima Repubblica Sociale o nelle formazioni paramilitari fasciste; il centrosinistra giudica inaccettabile una parificazione tra i combattenti della Resistenza e quelli alleati dell’invasore. «Cosa diremmo se tra sessant’anni qualcuno desse una pensione di guerra ai terroristi delle Brigate Rosse o dei Nar?» osserva Lamberti. Il forzista Petrone chiarisce che «non si vuole scendere nel pietismo e nella retorica della resistenza» e qualcuno gli consiglia di leggere i libri di Fenoglio o Calvino, che già negli anni sessanta avevano superato il "mito" del partigiano senza macchia. Alla fine la mozione viene respinta con i voti contrari del Pdl e a favore di Pd, Sinistra e Socialisti. Si astengono Donato Lozito e il forzista Giancarlo Monti: «Nel ’45 avevo sette anni, ho assistito al martirio di Angelo Pegoraro, ma anche alla caccia al’uomo contro un milite della X Mas che abitava come me alla Cascinetta ed era stato arruolato contro la sua volontà. Ecco perché faccio fatica a prendere la parola, dopo aver visto tanta acredine e sofferenza». Una riflessione che ripropone il dubbio sollevato da Pierluigi Galli: si può chiudere con una proposta di legge una pagina di storia e il dibattito, quando ci sono ancora tante persone che ricordano quei tragici fatti?

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Pubblicato il 21 Aprile 2009
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