I varesini invecchiano e il welfare ringiovanisce

La ricerca sul welfare, elaborata dalla Liuc e commissionata da Camera di Commercio e Cgil, Cisl e Uil, stimola il dibattito nel sindacato

badanti

Il welfare sociale, cioè quella serie di interventi pubblici per sostenere persone in difficoltà, in genere bambini, anziani e diversamente abili e le loro famiglie, è un settore in crescita dagli anni 90. È aumentata soprattutto la domanda di servizi  legati all’invecchiamento della popolazione, fenomeno destinato ad aumentare perché si calcola che nel 2020 gli ultraottantenni saranno il 7,4% della popolazione, un “esercito” di persone che avrà bisogno di assistenza qualificata e in molti casi non più surrogabile dalla famiglia di origine.

Il welfare potenzialmente potrebbe essere uno dei settori strategici per l’occupazione. Una ricerca condotta dall’Università Liuc di Castellanza in collaborazione con l’ufficio studi della Camera di Commercio di Varese e Cgil, Cisl e Uil, evidenzia che i lavoratori occupati  in provincia in questo settore sono circa settemila, cifra che si è mantenuta stabile negli ultimi anni di crisi economica, ma destinata ad aumentare, sia nel pubblico che nel privato.

Fino a vent’anni fa il dibattito circa la possibilità per un privato di sostituirsi allo Stato nella fornitura di alcuni servizi alla persona divideva  il sindacato. Oggi i contorni della polemica sono più sfumati perché la contrattazione, da una parte, e la bilateralità, dall’altra, sono state le leve attraverso cui il welfare integrativo è cresciuto. «Se con tre euro a carico dell’azienda crei fondi nazionali per aiutare i lavoratori, per quale motivo non si dovrebbe  farlo – dice Antonio Massafra, segretario della Uil -.  Negli ultimi 20 anni questa forma di integrazione ha dato risposte più inclusive e veloci rispetto al pubblico, ecco perché il processo di crescita del settore ha subìto questa accelerazione. Per esempio: la sanità integrativa, sottoscritta nei contratti nazionali, interviene anche per i parenti fino al terzo grado; la cassa edìle, frutto della bilateralità, rimborsa il dentista fino a un massimo di 800 euro e fino al 70% della fattura complessiva. Tutto ciò innesca un circolo virtuoso perché libera risorse per la famiglia e quindi per la domanda interna, facendo crescere il mercato del lavoro».

Secondo Roberto Pagano, segretario della Cisl dei Laghi, quei settemila posti di lavoro nel welfare saranno destinati ad aumentare nei prossimi anni perché la domanda di servizi cresce a causa dell’invecchiamento della popolazione. «C’è sempre più bisogno di servizi all’infanzia e per gli anziani – spiega Pagano – e si assiste a un salto generazionale: i nonni curano i figli e i nipoti, ma i figli non riescono ad accudire i propri genitori. Quando si va in azienda per la contrattazione, bisogna tener conto del fatto che dietro i lavoratori ci sono famiglie composte da bambini, padri e madri che hanno bisogno di servizi. Ecco perché alla Cisl intendiamo queste forme di welfare come salario differito, sotto forma di convenzioni e agevolazioni, inserito in un concetto di solidarietà allargata alla famiglia».

Più crescerà la domanda di questi servizi, maggiori saranno gli investimenti richiesti per le strutture – che soprattutto nella sanità vanno svecchiate –  e per la formazione del personale in ingresso. «Le potenzialità evidenziate dalla ricerca – continua Pagano – rappresentano una concreta opportunità di lavoro per le nuove generazioni. Non dimentichiamo che il personale impiegato nel welfare è statisticamente piuttosto anziano e quindi è ipotizzabile nel breve periodo un turnover notevole soprattutto nelle case di cura e di riposo».

Paradossalmente se la crisi economica per molti lavoratori ha voluto dire cassa integrazione e contrazione del salario, allo stesso tempo ha assunto il significato di “tempo liberato” che alcuni hanno messo a disposizione della propria famiglia. «I dati della ricerca – conclude Umberto Colombo segretario della Cgil – confermano che il welfare in provincia è un settore in forte espansione, con una domanda in aumento nelle famiglie. Abbiamo inoltre osservato che, in questa difficile fase economica, molti lavoratori, rimasti a casa, si sono messi a disposizione dei propri parenti bisognosi di cura. Se guardiamo il fenomeno dal punto di vista occupazionale è evidente che c’è un margine di crescita sensibile. Per la Cgil però c’è un punto fermo e riguarda la contrattazione del welfare che deve essere sempre riferita a quella nazionale e collettiva perché  è quello lo strumento naturale per dare delle risposte nei confronti di tutti».

Colombo non nasconde che la diatriba pubblico e privato in fatto di welfare è un nodo tutt’altro che sciolto. «La contrattazione di secondo livello non può essere una contrattazione sostitutiva – conclude il segretario della Cgil – e parlare di welfare integrativo non è l’alibi per dismettere il servizio pubblico che invece va rafforzato. Non dimentichiamo che nei paesi del nord Europa funziona così».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 25 Maggio 2015
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