Test molecolari salivari: meglio se usati per il tracciamento, non per lo screening

Il gruppo Prima a scuola Varese scrive a Fontana per chiedere un uso differente dei Test molecolari e l'adeguamento delle quarantene preventive agli standard europei

test salivari covid

Di seguito la lettera aperta inviata dal gruppo “Prima a scuola Varese e provincia” della “Rete nazionale scuole in presenza” al presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, per chiedere che i vantaggi dell’uso dei nuovi test molecolari e salivari siano sfruttati sul tracciamento dei contagli su tutta la popolazione, inclusa quella scolastica, anche per ridurre i tempi delle quarantene preventive e renderli più coerenti con quelli europei ed evitare allo stesso tempo di disperdere risorse preziose negli screening scolastici. 

Egregio Presidente Fontana,
Non possiamo che accogliere favorevolmente la messa a disposizione di test molecolari salivari che, a partire dagli 8 mesi di età, permetteranno di testare efficacemente e in modo non invasivo non solo bambini e ragazzi ma potenzialmente tutta la popolazione.
L’utilizzo di test molecolari salivari presenta – come tutte le misure antipandemiche – dei costi e dei benefici che, con questa lettera, vorremmo portare alla Sua cortese attenzione.

Per quanto riguarda i benefici, l’utilizzo di questi test permette di testare in maniera efficace non invasiva un vasto numero di persone. Richiediamo quindi che vengano utilizzati non solo per il tracciamento della popolazione scolastica, ma anche per il tracciamento extra-scolastico su tutta la popolazione così che possano soppiantare il tampone naso-faringeo. Se questi test molecolari salivari potessero essere messi a disposizione di strutture sanitarie territoriali (ASL, ULS, Presidi Ospedalieri), medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, farmacie e centri diagnostici ogni individuo potrebbe usufruirne indipendentemente dal contesto dell’eventuale cluster.

Un altro beneficio chiaro del sostituire gli attuali tamponi naso-faringei con test salivari molecolari risiede anche nella riduzione del costo del tracciamento dei casi di SARS-COV-2: il test salivare molecolare benché debba essere processato in laboratorio, può però essere somministrato anche in assenza di personale medico, quindi anche in autonomia. Questo può contribuire a ridistribuire importanti risorse umane in altri interventi sanitari attualmente in affanno quali le vaccinazioni, l’assistenza domiciliare dei malati, la gestione delle altre attività del sistema di tracciamento.

Dal punto di vista diagnostico, l’adozione di test molecolari salivari sembrerebbe permettere l’identificazione di casi addirittura in uno stadio iniziale della infezione: questo chiaramente può contribuire a ridurre i casi di diffusione all’interno di qualsiasi tipo di contesto, lavorativo, scolastico o famigliare, permettendo di isolare più rapidamente le persone infette ed evitare ulteriori contagi.
L’adozione di questa tipologia di test, come già sopra specificato, non è esente da rischi e da costi.

Mentre siamo assolutamente favorevoli all’utilizzo di tali test per finalità di tracciamento (identificazione dei contagi a partire da un caso sintomatico), il loro utilizzo per finalità di screening (test a tappeto della popolazione scolastica al di fuori dall’attività di tracciamento) non è giustificato scientificamente.
Per fare un esempio, test diagnostici con una sensibilità appena inferiore a perfetta (99%) produrrebbe infatti un valore predittivo positivo (PPV) dell’84% nel caso in cui la prevalenza del virus sia pari al 5%. Questo valore è largamente sovrastimato rispetto al massimo raggiunto durante la seconda ondata pandemica, quando la massima prevalenza è stata di circa l’1.3%. Con PPV così bassi, circa un quinto dei casi etichettati come positivi sarebbero in realtà falsi positivi. In una situazione più realistica di prevalenza pari a 1%, addirittura la metà delle persone etichettate come positive sarebbero false positive. Quando la campagna vaccinale avrà raggiunto la maggior parte della popolazione, la prevalenza stimata (da paragoni con paesi come Israele) sarà inferiore allo 0.1% e in queste condizioni il PPV si riduce a 1%. Su cento “positivi”, solo 1 lo sarà veramente!

Poiché la capacità di testing non è infinita, visto che occorrono laboratori che li analizzino, chiediamo che l’utilizzo di questi test salivari molecolari sia concentrato lì dove serve, ovvero nel contact tracing e non per mere finalità di screening. Le scuole non necessitano di ulteriori attività di screening: vogliamo ricordare che nella popolazione studentesca gli screening già effettuati hanno evidenziato una bassa incidenza di positivi, come nel caso del comune di Bollate, dove i risultati degli screening effettuati tramite test molecolari salivari hanno evidenziato un’incidenza di positivi che varia dallo 0.59% al 1%, in accordo con quanto identificato nelle scuole del resto d’Italia (Messina,
Piancastagnaio) e del mondo. Anche una recente Cochrane review che ha valutato 64 studi conferma che questo tipo di test andrebbe usato solo in presenza di sintomi o nei luoghi in cui c’è maggior rischio come gli ospedali, e non in maniera generalizzata.

A fronte di generiche richieste di “aprire la scuola in sicurezza” vorremmo portare alla sua attenzione che la scuola è già in sicurezza, grazie alle misure di prevenzione e alle attività di tracciamento, come dimostrato da studi nazionali e internazionali e dichiarato dall’OMS. Attuando uno screening a tappeto si manda invece un messaggio tale per cui gli studenti vengono considerati “malati fino a prova contraria”. Gli studenti sono la fascia di età meno colpita dal virus e sono coloro che hanno pagato in modo sproporzionato le misure di contenimento dei rischi, a fronte di evidenze sempre più consolidate che escludono un ruolo preponderante degli studenti nell’amplificazione della pandemia. È importante tenere conto anche degli effetti deleteri delle misure di contenimento del virus.

Tutti gli screening realizzati finora in Italia hanno dato sempre gli stessi risultati: pochissimi positivi (meno dell’1% dei test fatti), sia prima che dopo l’insorgere delle varianti e in qualsiasi zona-colore. Come è stato mostrato da diversi studi, il contagio, se avviene, avviene tra insegnanti (la maggioranza dei quali ha già ricevuto almeno una dose di vaccinazione che sappiamo essere molto efficace, come visto dai dati nel Regno Unito), mentre nei contesti dove il virus si diffonde di più (famiglia e luoghi di lavoro) non viene fatto nessuno screening, neanche a campione.
Inoltre, da un punto di vista statistico/epidemiologico fare uno screening solo su una parte della popolazione senza fornire il numero dei tamponi effettuati per fascia d’età (procedura seguita dall’ISS a febbraio 2021) non è metodologicamente corretto. Se si esegue uno screening sulla popolazione studentesca, si comunica il risultato bruto dell’incidenza e lo si compara con l’incidenza nella popolazione generale (non testata altrettanto adeguatamente), si va a sovrastimare l’incidenza nei giovani rispetto al resto della popolazione. Il risultato di un test di screening effettuato solo su una parte della popolazione darebbe una visione della eventuale trasmissione del contagio solo nel sottoinsieme, ma il risultato (numero di infetti sulla popolazione) non potrebbe essere interpretato correttamente, non avendo uno screening comparabile nel resto della popolazione ed in assenza dei dati sulle diverse fasce di età sottoposte a screening.

Inoltre, grazie all’adozione dei test salivari molecolari auspichiamo una riduzione della durata dell’isolamento fiduciario tanto all’interno della scuola quanto nella popolazione generale, riportandola alle best practices nazionali e internazionali purtroppo abbandonate precipitosamente sull’onda emotiva della diffusione della VOC-202012/01 (la cosiddetta Variante Inglese) che non ha affatto caratteristiche biologiche di maggiore durata del periodo di infettività. L’Italia si differenzia dagli altri paesi dell’Unione Europea per la durata e la modalità di termine dell’isolamento fiduciario dei contatti stretti di casi positivi al COVID-19. L’isolamento fiduciario dura infatti 14 giorni con test molecolare negativo su tampone nasofaringeo al quattordicesimo giorno, o addirittura 21 giorni in assenza di tampone. Di contro, l’isolamento fiduciario dura per esempio 5 giorni (Paesi Bassi, con tampone negativo), 7 giorni (Francia, Belgio) o 10 giorni (Spagna). In Germania, i contatti stretti possono a discrezione dell’autorità sanitaria addirittura essere esentati dall’isolamento fiduciario. Questi Paesi applicano quindi le linee guida OMS e ECDC o le rendono meno stringenti, mentre l’Italia si differenzia imponendo isolamenti fiduciari più lunghi del 40-320% degli altri Paesi europei.

Riteniamo che in situazioni di moderata circolazione virale (Rt sotto la soglia di 1.25), sia opportuno stabilire per i contatti stretti asintomatici un isolamento fiduciario di 5 giorni con test salivare molecolare negativo in uscita, come nei Paesi Bassi. Questa durata si basa sul fatto che i test salivari sono in grado di captare un’infezione da SARS-COV-2 agli stadi iniziali, anche prima del test molecolare su tampone orofaringeo.

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Pubblicato il 05 Maggio 2021
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