Il collega di Paitoni racconta l’aggressione avvenuta ad Azzate

L’uomo ferito gravemente alla fine di novembre fuori dal lavoro: "Se fossi morto quell’uomo sarebbe rimasto in carcere"

Davide Paitoni

«Stavamo soltanto parlando e niente, ha tirato fuori la lama». La voce sembra sottotono, artefatta, forse ancora scossa dall’accaduto: a parlare è il collega di lavoro di Davide Paitoni, l’uomo accusato di aver ucciso il figlio di 7 anni il pomeriggio di capodanno a Morazzone.

Lo ha fatto nella puntata andata in onda ieri sera, domenica a Controcorrente, il programma di cronaca e approfondimento di Rete4.

I due si erano fronteggiati all’esterno della ditta di Azzate dove la sera del 26 novembre avvenne il primo fatto di sangue che coinvolse Paitoni: le profonde coltellate col cutter rigido che hanno colpito il collega in diversi punti del corpo tra cui – si legge nel referto ospedaliero – «anche una ferita profonda fino all’osso in regione della radice di coscia sinistra posteriormente» con sanguinamento venoso e segni di shock emorragico.

«Si, ho perso due litri di sangue…» ha spiegato l’uomo nella brevissima intervista fatta con la giornalista dove è verso la fase finale del racconto che l’uomo non ha dubbi: «Avrei preferito morire io al posto di quel ragazzo. Se fossi morto Paitoni sarebbe stato messo in carcere».

Invece l’uomo è stato messo agli arresti domiciliari nella casa del padre a Morazzone in via Cuffia. Una vicenda che secondo il giudice per le indagini preliminari di Varese risulta «decisamente poco comprensibile» tanto che ha reputato «proseguire nell’attività di indagine».

In particolare c’è da verificare la portata delle dichiarazioni di Paitoni che, uscito dal lavoro e di fronte ai colleghi avrebbe pronunciato la frase rivolta al collega che avrebbe incontrato di lì a poco) «chissà cosa vorrà da me; mio figlio è al sicuro, i suoi devono stare attenti».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 10 Gennaio 2022
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